Stefano Menicacci, morto domenica 3 dicembre all'età di 92 anni, lo avevamo incontrato a Roma il 19 aprile scorso, nella sua casa che si trovava alle spalle di Montecitorio, per questa intervista che poi, però, non pubblicammo in attesa che si chiarissero le vicende giudiziarie che stavano coinvolgendolo nuovamente. Menicacci è stato avvocato e parlamentare di destra, eletto in Umbria per tre legislature (V, VI e VII dal 1968 al 1979). Esponente del Movimento sociale italiano prima e di Democrazia nazionale poi, contribuì a trasformare la Dn da una corrente missina a un partito politico indipendente, ma quando avvenne non fu rieletto. Da qualche anno, a causa di un banale incidente accaduto in casa, era stato costretto a ridurre la sua mobilità. Soffriva molto, sia per la sua situazione fisica, sia per le accuse che gli erano state mosse negli ultimi anni ("contro di me solo infamie e accuse aberranti", ripeteva in continuazione), ma manteneva occhi e spirito da leone e, soprattutto, una memoria stupefacente e una passione smisurata per la storia e "per tutto quello che - sono le sue parole - c'è sempre da scoprire". Quel giorno d'aprile - intervista formale a parte - fu per entrambi un momento di toccanti ricordi: a cominciare dai racconti sui tantissimi viaggi fatti all'estero, alcuni dei quali avevo già ascoltato molti anni fa, sempre da lui, padre di uno dei miei più grandi amici d'infanzia e compagno delle elementari, Alessandro, prematuramente scomparso.