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Corriere dell'Umbria, Alberto Donati: "Ecco come ripartì il Gruppo"

corriere dell'Umbria

Alberto Donati, dal 1997 al 2006, è stato l'editore del Corriere dell'Umbria. Sotto la sua guida il Gruppo Corriere ha raggiunto il massimo storico di tiratura, diffusione e numero di copie vendute. E il Corriere dell'Umbria, in particolare, con tre edizioni regionali quotidiane (edizione principale, edizione di Terni ed edizione di Foligno e Spoleto), è balzato ai primi posti, nella classifica dei giornali italiani, per numero di lettori in rapporto al numero di abitanti dei propri territori di diffusione. Una particolarità che mantiene, orgogliosamente, ancora oggi.
Folignate di nascita e milanese di adozione, con un passato da manager di primo piano in Fiat e in Rcs, Alberto Donati, all'epoca vice presidente della Fieg, prese in mano la gestione del Corriere dell'Umbria e del Gruppo in uno dei momenti più difficili e travagliati della sua storia segnato dalla fine della proprietà da parte di una società formata da Leonello Mosca, l'editore fondatore, e da Edoardo Longarini.
- Presidente Donati, come nacque il suo interesse per i quotidiani locali?
Chiusa l'avventura lavorativa come direttore generale di Rcs e amministratore delegato del Corriere della Sera ho iniziato, con altri soci, una esperienza imprenditoriale, facendo nascere, a Milano, Prima Editoriale. L'obiettivo era di costituire una società editoriale che si sarebbe dovuta occupare di settimanali, mensili e quotidiani locali. In questo quadro, dopo varie acquisizioni nell'area dei periodici, si cercarono alcune zone adatte allo sviluppo di nuovi quotidiani locali. Uno studio fatto da una delle principali società di consulenza assegnava possibilità di varare nuove iniziative in province e territori dove il principale quotidiano non avesse una diffusione superiore al 35% del mercato. E, tra le varie possibilità, fu individuata l'Umbria.
- Perché puntare proprio sul Corriere dell'Umbria, un quotidiano che all'epoca, dopo 14 anni di successi, rischiava di arenarsi per problemi che pesavano sulla società di gestione? Non sarebbe stato più facile fondare un nuovo giornale da zero?
Il Corriere dell'Umbria, gestito da Longarini, era in profonda crisi e mostrava evidenti segni di debolezza. Gli altri quotidiani presenti, pur avendo delle pagine dedicate all'Umbria erano di Roma e di Firenze. Immaginammo subito che ci potessero essere degli spazi ampi per lanciare con successo un nuovo quotidiano. E nella scelta di puntare subito sull'Umbria confesso che ci fu una certa influenza delle mie origini umbre. Incontrai molti operatori locali, imprenditori, vertici delle istituzioni e presidenti di banche per capire come una iniziativa del genere potesse essere accolta. I risultati nel mondo imprenditoriale furono poco incoraggianti, anche le istituzioni non sembrarono entusiaste, l'eccezione venne dal mondo bancario, in particolare da Mediocredito, da Cassa di Risparmio di Foligno, dalla Banca Popolare di Spoleto e da Gepafin. Le basi per fondare un nuovo giornale, insomma, c'erano tutte. Ed erano valide.
- La sua prima ipotesi, quindi, fu di aprire un giornale tutto nuovo ma poi, cosa le fece cambiare idea?
Il progetto di aprire un nuovo quotidiano in Umbria arrivò sul tavolo di Longarini che mi contattò subito cercando di convincermi a non procedere. Mi comunicò che stava varando un piano di rilancio del Corriere dell'Umbria che avrebbe chiuso qualsiasi possibilità di successo di una nuova iniziativa. Incontrai, quindi, anche il fondatore del Corriere, Leonello Mosca, ma scoprii che i rapporti tra lui e Longarini erano irrimediabilmente deteriorati. Di fronte alla mia volontà di andare avanti iniziò così, per volontà di Longarini, una lunga e faticosa trattativa per cercare un accordo. Alla fine si preferì puntare al Corriere dell'Umbria, invece di lanciare una nuova iniziativa, perché fu ritenuta un'operazione più semplice. E si giunse a una intesa di massima tra me e Longarini con una cena in un ristorante di Todi.
- Cosa prevedeva l'accordo?
Prevedeva vari punti: l'affitto della testata; la gestione della società editrice totalmente nelle nostre mani, senza alcuna
possibilità di interferenza da parte della proprietà della testata; la cessione della testata da parte di Longarini a un investitore di nostro gradimento dopo che la nuova gestione fosse riuscita a rivalutare tutti gli asset. Faticosissima, prima della chiusura formale dell'accordo, fu la fase di verifica della situazione economico finanziaria della società editrice, in particolare l'individuazione del reale indebitamento fu molto difficile. Meno problematico fu valutare le potenzialità del corpo redazionale e della struttura dei poligrafici.
- Ma la situazione del Corriere dell'Umbria era davvero così drammatica? E non c'erano altri possibili acquirenti? In quegli anni era noto che Carlo Caracciolo, editore de La Repubblica, per esempio, era fortemente interessato al Corriere dell'Umbria.
Carlo Caracciolo aveva già trattato precedentemente l'acquisizione dell'attività. Poi, nel dicembre 1995, saputo delle mie intenzioni sull'Umbria, mi inviò un documento elaborato dai suoi esperti con alcune valutazioni riguardanti proprio il Corriere dell'Umbria.
- E quale era stato il giudizio?
La conclusione dei valutatori la ricordo ancora perfettamente ed era stata la seguente: "L'applicazione dei metodi tradizionali di stima del capitale economico portano alla conclusione che il valore della società è uguale a zero". E con ciò era palese che mi veniva sconsigliato di finalizzare un accordo per rilevare il Corriere dell'Umbria.
Successivamente spuntò però un altro documento, sempre elaborato da consulenti di Caracciolo, che fissava il valore della società tra i 6 e gli 8 miliardi di lire. Ebbi, quindi, la sensazione che il suggerimento a non finalizzare l'accordo fosse interessato a evitare un qualsiasi mio contatto con il Corriere.
- La svolta quando arrivò?
Alla fine del 1996 con le formalità che portarono alla firma dell'accordo con Longarini. Ricordo, quindi, i primi contatti con l'allora direttore Nino Botta e con Assunta Del Sero, mitica responsabile dei poligrafici, per conoscere e approfondire la situazione organizzativa della redazione e della struttura editoriale. Furono incontri all'insegna della prudenza perché aleggiava la preoccupazione sulle decisioni che ne sarebbero scaturite. Dopo qualche approfondimento si passò alle prime scelte operative.
Fu assunto un nuovo direttore, Federico Fioravanti, al quale fu dato il mandato di riorganizzare e rafforzare la redazione.
Vennero ridefiniti i rapporti con tutti i fornitori: quelli delle materi prime, dei servizi editoriali e dei prodotti di consumo. Rivisti i contratti con la concessionaria di pubblicità e con le agenzie di distribuzione. Iniziarono notevoli sforzi in termini di investimenti per spingere la diffusione e per implementare e rafforzare il già consolidato patrimonio professionale e culturale attraverso il potenziamento qualitativo e quantitativo del veicolo informativo.
- In Umbria e anche fuori dall'Umbria le viene riconosciuto di aver trasformato il Corriere in una vera macchina da guerra dell'editoria facendone un gruppo proprietario direttamente o indirettamente in molte società. Il Corriere dell'Umbria arrivò ad avere 73 giornalisti, 600 collaboratori contrattualizzati e un centro stampa con 3 rotative a colori in funzione ininterrottamente tutti i giorni dalle 9 del mattino alle 5 della notte e in pausa solo per gli obblighi di manutenzione.
Sì, in effetti, fu avviata un'operazione editoriale su larga scala e i risultati non tardarono ad arrivare. Già nel bilancio al 31 12 1997 i ricavi delle vendite furono 9 miliardi e mezzo di lire e i ricavi della pubblicità sfiorarono i 6 miliardi di lire. Il risanamento del Società editrice del Corriere dell'Umbria era stato raggiunto rapidamente, ma occorreva consolidarlo. Gli anni successivi al 1997 furono intensi e pieni di buoni risultati. Il giornale divenne autorevole; nacquero nuove edizioni; si rafforzò la presenza anche a Siena e Viterbo; venne implementato l'uso del colore investendo nello stabilimento di stampa di proprietà. A gennaio 1999 il Corriere dell'Umbria vendeva 24.500 copie. Fu allora che Longarini pensò di vendere le testate del Gruppo Corriere. Era, infatti, maturata una clausola dell'accordo stabilito nel 1996 che prevedeva la cessione della testata al raggiungimento di determinati obiettivi. E sapevo che Longarini fin dall'inizio era interessato alla cessione da realizzarsi dopo il rilancio del quotidiano. Divenne quindi fondamentale trovare subito un partner che potesse facilitare l'acquisto e continuare lo sviluppo.
- Da qui l'arrivo della Fiat?
Sì, nell'aprile del 2000, assieme a La Stampa di Torino, il quotidiano della Fiat, vennero acquistate da Longarini la testata Corriere e lo stabilimento di stampa. La regìa della trattativa fu affidata a Ennio Palazzari, responsabile della finanziaria umbraGepafin. Alla fine parteciparono all'operazione anche le finanziarie umbre Novafin e Capitale e Sviluppo, una società di Francesco Polidori e una di Silvano D'Ascanio, imprenditore di Viterbo che si occupava anche della raccolta pubblicitaria nell'area laziale. La nuova compagine azionaria ebbe un impatto altamente positivo sul gruppo. Il quotidiano continuò a consolidare la sua leadership, a sviluppare ulteriormente il numero di copie e il fatturato, mentre il rapporto con un editore come quello de La Stampa contribuì a varare nuove iniziative editoriali e si svilupparono proficui rapporti con gli altri azionisti.
- Poi, però, l'interesse della Fiat scemò...
Alla fine del 2003 cambiò l'amministratore delegato de La Stampa di Torino che modificò la strategia di sviluppo della società editoriale torinese, precedentemente orientata alla espansione puntando anche sui quotidiani locali. Ci venen comunicato che La Stampa riteneva opportuno uscire e chiese di aiutarlo a ricollocare le proprie azioni. Il 30 aprile del 2003 La Stampa di Torino uscì dal Corriere dell'Umbria e dal Gruppo Corriere recuperando l'investimento che aveva fatto. Momentaneamente le quote vennero acquistate dalla nostra società e ci furono vari trattative con editori e imprenditori interessati a subentrare. Alla fine entrò l'imprenditore umbro Antonella Barbetti con la quale iniziò una collaborazione che durò 3 anni. La mia esperienza presso il Corriere dell'Umbria terminò a metà del 2006 . La storia del quotidiano naturalmente continuò con altri protagonisti fino a portare il Gruppo Corriere a questi giorni.

Sergio Casagrande inizia l'attività giornalistica all'età di 14 anni, nel 1981, come collaboratore de Il Tempo e della Gazzetta di Foligno. E' stato il più giovane pubblicista (1985), il più giov...