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Montefalco, Giorgione racconta il suo menu di Pasqua: ricette e trucchi di cucina per il pranzo

giorgione oste Giorgione

Il pranzo tradizionale di Pasqua per Giorgione, almeno nella memoria, è quello della sua famiglia di origine, un menu di impronta fortemente romana, Roma è la città dove Giorgione, oste e cuoco d'eccezione, è nato e ha vissuto fino ai tempi dell'università, declinato alla maniera di una famiglia dell'alta borghesia, quale era la sua. "Ora con i ristoranti è meno semplice per me rispettare questo menu, sono impegnato anche su altri fronti di cucina, ma questo rimane il menu pasquale della mia famiglia. Piatti che ho imparato a cucinare da ragazzino, perché già ero curioso di cucina e mi intrufolavo sempre quando potevo tra i fornelli". Un menu raccontato che è anche una lezione sul rapporto tra chi cucina e i cibi, sul sapere quando un piatto è arrivato a fine cottura e sul saper valutare l'equilibrio dei sapori. "In realtà - spiega Giorgione - il pasto pasquale iniziava con lo sdigiunino, che aveva luogo, come in ogni famiglia rigorosamente cattolica, al ritorno dalla messa pasquale, cui ci si recava, appunto, digiuni. Uova sode, salame, pane, che da noi non usava la torta al formaggio umbra, e soprattutto insalata di zampetti di maiale" Giorgione ci dà la ricetta di questa prelibatezza che, dice, richiede "una lunga cottura, dalle due alle 2 alle 4 ore, dipende dall'età e dal peso dell'animale, e deve essere una cottura lunga e a fuoco lento, interrotta più o meno a metà da uno shock termico. Nella prima fase si mettono gli zampetti a cuocere con sola acqua, a metà cottura circa si scolano, anche per gettare la prima acqua, torbida. Gli zampetti si gettano in acqua e ghiaccio, è il momento dello shock termico. La seconda parte della cottura avviene in acqua salata. Quando gli zampetti sono molto cotti si disossano e la carne si fa a pezzetti, quindi si mescola con finocchi e arance tagliati a fette e olive nere al forno. Questa insalata si condisce con un'emulsione di olio extravergine d'oliva, succo d'arancia e con un nonnulla di senape". A pranzo non mancava mai, a casa di Giorgione, la pasta al sugo di castrato, "a volte anche con polpette in mezzo" spiega. La base è un cosciotto di castrato disossato e fatto a pezzetti, infarinati e soffritti in olio bollente, "che poi chissà se era davvero castrato - commenta Giorgione - magari era una pecora vecchia". Si preparano poi un trito di cipolla, sedano e carota e un battuto di lardo con dentro poco rosmarino, una quantità maggiore di salvia e finocchietto selvatico e poca scorza tritata di limone non trattato, che si fanno rosolare con poco olio extravergine d'oliva," la cottura sottolinea Giorgione - deve rimanere umida, la cipolla non si deve caramellizzare, quindi quando la base è cotta ma morbida si unisce un goccio di vino e, quando è evaporato, si aggiungono i pezzetti di castrato soffritti in precedenza, si fanno rosolare e si versa del vino. Quando il vino sarà evaporato si aggiungono due cucchiai di concentrato di pomodoro e quando tutto è amalgamato i pomodori pelati. Mai frullare i pelati - ammonisce Giorgione - perché frullandoli i semi si rompono e il sugo risulta acido". La cottura da questo punto in poi deve avvenire a fuoco lento, può durare anche ore, dipende dall'età età e dal peso dell' animale". Con questo sugo si condiscono i rigatoni "o meglio ancora - spiega ancora Giorgione, maestro anche di spianatoia e mattarello - pappardelle, se uno ha voglia di prepararle. La sfoglia deve essere spessa e le pappardelle larghe". A seguire il menu tradizionale di Giorgione prevede agnello al forno con patate. "Io - spiega - preferisco cuocerli separatamente anche se aromatizzandoli con gli stessi odori. Preparo un battuto di lardo, rosmarino, bacche di ginepro, salvia, finocchietto selvatico, scorza di limone non trattato, ci insaporisco l'agnello, che faccio cuocere con olio extravergine d'oliva e poco vino bianco, si infornandolo e girandolo durante la cottura. Le patate le cuocio separatamente, ma insaporendole con lo stesso condimento, in entrambi i casi si inizia a fuoco alto e poi si abbassa". Il menu prosegue con coratella e carciofi, "la coratella per questa preparazione si fa a pezzi piccoli ma non piccolissimi, come invece molti umbri usano. Faccio rosolare bene la coratella con burro e cipolla, unisco vino bianco, copro e faccio cuocere a fuoco basso. In un'altra padella si fanno cuocere i carciofi tagliati a spicchi non troppo sottili, altrimenti durante la cottura spariscono. Si aggiungono menta o meglio ancora mentuccia di campo. Circa 20 minuti prima del termine della cottura alla coratella si uniscono i carciofi". I dolci dei pranzi di Pasqua della famiglia di Giorgione terminavano sempre con colomba (una buona colomba artigianale, ma non c'era certo tutta la scelta che c'è ora!" e uovo di cioccolato. "Ma - ricorda Giorgione - mia nonna preparava sempre zabaglione e crema di cioccolato, che versava in grandi tazze dove intingevamo i pezzi di colomba".