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Natura in ginocchio, ma l'Europa si divide. Terreni agricoli in stato di degrado

natura clima

In Europa la natura soffre sempre più. E' vittima di un lento e continuo declino. Tutti gli Stati ne sono perfettamente a conoscenza eppure non solo non sembrano aver raccolto la gravità dell'allarme, ma stentano drammaticamente a prendere contromisure.
LA RELAZIONE
Ogni sei anni l'Agenzia Europea dell'Ambiente pubblica la Relazione sullo stato della natura, un rapporto che valuta le condizioni di salute della natura europea nel tempo. L'ultimo rapporto, relativo al periodo 2013-2018 e pubblicato nel 2020, esprime preoccupazioni relative al fatto che "La natura dell'Europa sta attraversando un grave e continuo declino". Urbanizzazione, abbandono dei terreni, attività agricole, inquinamento, e cambiamenti climatici sono i maggiori responsabili di questo degrado: oltre l'80% degli habitat naturali è in cattive condizioni.
L'EUROPA FRENA
Nonostante ciò, lunedì 25 marzo il Consiglio dell'Unione Europea ha rimandato il voto per l'approvazione della Legge sul ripristino della natura per evitarne la bocciatura. L'obiettivo principale della legge è la tutela del 20% del territorio dell'Unione entro il 2030, ovvero l'attuazione di misure di ripristino degli ecosistemi su questa porzione di superficie (sia terrestre che marina). Ad oggi il 73% del suolo dei terreni agricoli è in stato di degrado, risultando in un inevitabile declino della resa produttiva. Una migliore gestione dei suoli destinati alle attività agroalimentari, unito alla riduzione o al totale abbandono dei pesticidi, avrebbe un impatto positivo anche sui rendimenti economici. Altre misure previste dalla legge sul ripristino della natura sono l'aumento delle connessioni tra vari habitat, in modo da rispondere alla necessità di spostamento della fauna; il ripristino delle zone umide drenate per uso agricolo, ecosistemi essenziali anche per ridurre gli impatti delle alluvioni e della siccità; la rimozione di barriere artificiali dai fiumi (i fiumi europei sono infatti tra i più interrotti al mondo); la rimozione di piante alloctone, cioè estranee ad una certa regione, da zone erbose, zone umide e foreste.
IL RITORNO ECONOMICO
Infine, la legge prevede anche misure di promozione della conservazione delle aree naturali: mettere in atto il ripristino del 30% degli habitat naturali entro il 2030 ed arrivare a coprirne il 90% entro il 2050. La Commissione Europea stessa ci tiene a sottolineare che più di metà del Pil mondiale dipende dai servizi e dai materiali forniti dagli ecosistemi naturali, e si stima che ogni euro investito nel ripristino della natura restituisca dai 4 ai 38 euro. La legge fa parte della Strategia sulla biodiversità per il 2030, una serie di misure legislative attuate per proteggere la natura ed invertirne il degrado entro il 2030. La prima versione era stata approvata dalla Commissione Europea a giugno 2022. A questa sono state fatte varie modifiche dovute per compromessi tra i vari stati che ne hanno ridotto, secondo molti, la forza.
L'ALTOLA' DEI PAESI
La versione finale era stata approvata dal Parlamento Europeo a fine febbraio, ma questo non ha impedito ad alcuni paesi di opporsi al voto al Consiglio dell'Ue: tra questi ci sono Italia, Ungheria, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi e Polonia. Anche Austria e Belgio hanno dimostrato la loro contrarietà dichiarando l'astensione. Questa inversione è dovuta principalmente alla preoccupazione dei governi sulle ricadute nel settore agroalimentare, ma non solo. Svezia e Finlandia, per esempio, hanno motivato la loro contrarietà sostenendo che avrebbe un impatto negativo sull'industria forestale. Altre eventuali modifiche della legge dovranno passare dal Parlamento Europeo per essere approvate, rendendo quindi molto improbabile il passaggio della legge prima delle elezioni di giugno, tanto che la stessa ministra dell'ambiente tedesca Steffi Lemke ha spiegato: "Non è chiaro al momento come la legge procederà".