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L'eclissi no, non è ancora finita

striscia gaza

Il buio arriva ad avvolgere il mondo intero il primo aprile. Il cielo si oscura nel momento della morte di 7 operatori umanitari, inseguiti e uccisi da droni israeliani per, si dice, un errore di valutazione. Le ragioni di Benjamin Netanyahu finiscono improvvisamente in un cono d'ombra anche agli occhi di alleati e sostenitori. Nell'oscurità tutti riescono a distinguere la corona di spine che circonda le terre di Canaan e di Israele, ovvero i pesi sui due piatti della bilancia: 33 mila vittime da una parte, con almeno il 70 per cento di donne e bambini; e 252 soldati israeliani dall'altra, più 1.400 civili trucidati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre. Ai bordi c'è, intenso, il raggio di una nuova speranza: Netanyahu, sulla spinta delle crescenti critiche internazionali e nazionali, proclama il ritiro delle truppe israeliane dal sud di Gaza. Ma il bagliore è breve perché, un attimo dopo, tornano le tenebre quando lo stesso Netanyahu si affretta ad annunciare che c'è una data per l'invasione di Rafah, il più grande campo profughi palestinese al confine con l'Egitto. L'eclissi no, non è ancora finita.

Sergio Casagrande inizia l'attività giornalistica all'età di 14 anni, nel 1981, come collaboratore de Il Tempo e della Gazzetta di Foligno. E' stato il più giovane pubblicista (1985), il più giov...