Per aprire questo sito web è necessario che javascript sia abilitato, correggi le impostazioni del tuo browser e ricarica la pagina. Buona lettura!

La terza via che porta alla trappola

mosca attentato

L'Isis ha subito rivendicato l'attentato di Mosca. E ha anche diffuso i video girati dalle go-pro del commando entrato in azione al Crocus City. Ma ai complottisti non basta. C'è chi continua ad accusare Vladimir Putin di aver facilitato la strage, se non proprio di averla ideata, facendo in modo che la colpa ricadesse sui nemici ucraini. E c'è chi, dall'altra parte, ipotizza un'azione favorita dall'Ucraina che avrebbe dato supporto logistico agli jihadisti nella speranza di far crescere il malcontento in Russia verso il presidente appena rieletto. Ma c'è una terza via, quella più probabile, che intanto passa inosservata a molti: che l'Isis, con questa nuova strage a Mosca, abbia compiuto un attentato per colpire contemporaneamente Russia e Occidente e creare quel pretesto che ancora manca per trasformare, a pieno titolo, il conflitto in corso in Ucraina in una vera terza guerra mondiale. C'è, infatti, un particolare anomalo nell'azione compiuta dagli jihadisti. Ed è il fatto che tutti i terroristi catturati dopo l'attentato stessero fuggendo verso l'Ucraina quando, è risaputo, l'ordine, in occasione del genere, è generalmente di concludere le azioni con il "martirio", ovvero - per noi occidentali - il suicidio. E mai di fuggire e mettersi in salvo. Gli islamisti, infatti, reputano abominevole il suicidio commesso ai fini di motivazioni personali, ma ammirevole, se compiuto in nome della jihad, perché costituisce un'eroica azione di martirio. Ora, se la versione della fuga verso l'Ucraina fosse stata ispirata da Putin per cercare il pretesto solo per calcare la mano russa nel conflitto in corso in Ucraina - come ipotizza qualcuno tra i complottisti -, significherebbe che Putin è un pazzo. Ma, per intensificare le azioni belliche, lo zar di tutte le Russie non ha certo bisogno di pretesti del genere. La maggioranza dei russi è già dalla sua parte fin dal primo momento. E Vladimir può essere accusato di tutto, ma non certo di pazzia. Lui è un despota. E un despota non necessita di certe giustificazioni. Stessa cosa vale per gli ucraini e Volodymyr Zelensky, che non sono nemmeno loro dei pazzi. Che vantaggio avrebbe l'Ucraina a dare appoggi agli jihadisti e ad accogliere in patria dei sanguinari del genere quando, per giunta, il suo presidente è impegnato fin dal primo momento a cercare alleati e a sensibilizzare gli occidentali alla propria causa? C'è, anche, un altro elemento anomalo in tutta questa storia. Come avrebbe potuto un manipolo di jihadisti varcare con facilità il confine tra Russia e Ucraina, quando è ormai da più di due anni trasformato in un fronte di guerra e supersorvegliato da eserciti e milizie armate fino ai denti? Ecco, quindi, che diventa più probabile che né la Russia, né l'Ucraina stiano ora mentendo. E che l'azione dell'Isis sia stata studiata, anche con questa fuga, impossibile ma eclatante, verso l'Ucraina (che realmente, a questo punto, c'è stata), per creare un'azione provocatoria rivolta a danneggiare non solo la Russia e Putin, ma anche l'Ucraina e Zelensky. E, di conseguenza, quei due mondi che si trovano loro attorno, contrapposti sull'orlo di un baratro: quello di una guerra più guerra di quella che oggi è già in corso. L'innesco, insomma, c'è stato. Ed è stato abilmente voluto da un'Isis che non voleva colpire solo Mosca e la Russia, ma dar fuoco a una miccia in una polveriera più grande e dai confini talmente ampi da includere il pianeta intero. In questo momento, un attentato più efficace e utile alla causa jihadista di quello compiuto venerdì scorso a Mosca, con un epilogo del genere sulla via per Kiev, non poteva esserci. Nemmeno se fosse stato compiuto in una delle grandi capitali dell'Occidente. Ora, purtroppo, resta solo da capire se ci sarà un'esplosione. E se qualcuno si farà prendere da quella pazzia che finora non ha avuto.

Sergio Casagrande inizia l'attività giornalistica all'età di 14 anni, nel 1981, come collaboratore de Il Tempo e della Gazzetta di Foligno. E' stato il più giovane pubblicista (1985), il più giov...