RECENSIONE
Sandokan con Can Yaman
Lunedì 1
A convincere davvero è stata la performance di Can Yaman, che ha dato vita a un Sandokan vigoroso e credibile, capace di mescolare fascino, audacia e quel tocco di dolcezza che rende il personaggio umano e avvincente. Accanto a lui, Alessandro Preziosi è stato impeccabile nei panni di Yanez e anche l’intero cast ha dimostrato talento e presenza scenica.
Un plauso speciale va al ritmo della narrazione e alle scene d’azione, che coniugano adrenalina e pathos senza mai risultare eccessive. La fotografia valorizza scenari naturali e ambientazioni storiche, mentre l’uso degli effetti digitali è sapientemente dosato.
Se è inevitabile il paragone con la storica versione di Kabir Bedi, va ricordato che i tempi cambiano: il Sandokan degli anni ’70 resta un mito, ma le nuove generazioni scopriranno per la prima volta questo eroe grazie a Can Yaman, in una chiave più moderna e accessibile. La storia di Salgari, ancora potente e coinvolgente, mostra come certi racconti non siano destinati a essere dimenticati.
In definitiva, Sandokan non è solo un remake: è una nuova vita per un personaggio leggendario, capace di affascinare vecchi fan e conquistare nuovi spettatori. E, stando agli ascolti, sembra proprio che la sfida sia vinta: la Tigre della Malesia è tornata, e lo ha fatto con il vento in poppa.
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