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La vita incredibile (e tragica) di Emilio Salgari, il visionario dietro Sandokan e il Corsaro Nero

Il destino della sua famiglia fu un susseguirsi di sciagure: la morte prematura di Fatima, la malattia mentale della moglie Ida e, negli anni a venire, i suicidi dei figli Romero e Omar

Annalisa Ercolani

01 Dicembre 2025, 21:16

La vita incredibile (e tragica) di Emilio Salgari, il visionario dietro Sandokan e il Corsaro Nero”

Emilio Salgari

Nel pantheon della letteratura d’avventura, pochi nomi risuonano con la stessa potenza evocativa di Emilio Salgari. Nato a Verona nel 1862 e morto suicida a Torino nel 1911, Salgari è stato il padre letterario di intere generazioni di lettori, il creatore di miti intramontabili come Sandokan, la Tigre della Malesia e il Corsaro Nero. Fu un viaggiatore immobile: non lasciò quasi mai l'Italia, eppure, grazie a un instancabile studio di atlanti e dizionari, riuscì a costruire mondi lontani e affascinanti con una precisione che ancora oggi sorprende.

Il sogno infranto del mare e la nascita dello scrittore

La vita di Salgari inizia con un sogno mancato: quello di diventare capitano di marina. Iscritto all’Istituto Tecnico e Nautico di Venezia, abbandonò gli studi nel 1881 senza ottenere il titolo sperato. Tornato a Verona, riversò la sua passione per il mare e l’esplorazione nella scrittura. Il suo esordio avvenne sulle appendici dei giornali, prima con I selvaggi della Papuasia e poi con La tigre della Malesia (che diventerà Le tigri di Mompracem), pubblicato a puntate su La Nuova Arena nel 1883.

Da quel momento, la sua produzione divenne torrenziale. Per far fronte a cronici problemi economici e a contratti editoriali capestro, Salgari arrivò a scrivere tre pagine al giorno, fumando cento sigarette e sostenendosi con litri di marsala. Una catena di montaggio creativa che produsse oltre ottanta romanzi e centinaia di racconti, spaziando dai mari del Borneo alle praterie del Far West, fino a toccare la fantascienza con Le meraviglie del duemila.

Sandokan: l’eroe ribelle che sfidò gli imperi

Tra le oltre 1.300 figure nate dalla sua penna, Sandokan è senza dubbio la più iconica. Principe spodestato, pirata per vendetta ma nobile nell’animo, la Tigre della Malesia incarna l’archetipo dell’eroe romantico che lotta contro l’ingiustizia coloniale (in questo caso britannica) in nome della libertà e dell’amore.

Il Ciclo dei pirati della Malesia – che comprende titoli fondamentali come Le tigri di Mompracem, I pirati della Malesia e I misteri della jungla nera – non è solo una serie di avventure mozzafiato, ma un affresco esotico costruito con cura maniacale. Salgari si documentava in biblioteca, studiando mappe e cronache di viaggio per descrivere flore, faune e culture che non avrebbe mai visto coi propri occhi. Il successo di Sandokan fu tale da sopravvivere al suo autore, diventando protagonista di film, sceneggiati televisivi (indimenticabile quello con Kabir Bedi) e persino fumetti.

Una vita privata tra debiti e dolore

Se sulla carta Salgari viveva avventure eroiche, la sua realtà quotidiana era fatta di angustie materiali e familiari. Sposato con Ida Peruzzi, da cui ebbe quattro figli (Fatima, Nadir, Romero e Omar), lo scrittore trascorse l’esistenza inseguito dai creditori. Nonostante la nomina a Cavaliere della Corona d’Italia voluta dalla regina Margherita, la sua condizione economica rimase precaria, aggravata dalla malattia mentale della moglie, che nel 1910 fu costretta al ricovero in manicomio.

Lo scrittore si sentiva sfruttato dagli editori, che si arricchivano con le sue opere lasciando a lui le briciole. Una frustrazione che espresse con amara lucidità in una lettera del 1909: "Sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno... Debbo scrivere a tutto vapore... senza avere avuto il tempo di rileggere".

L’ultimo tragico capitolo

Il 25 aprile 1911, Emilio Salgari scrisse la parola fine alla sua storia personale in modo drammatico, quasi come uno dei suoi eroi. Lasciò tre lettere (una ai figli, una agli editori, una ai direttori di giornali) e si recò nei boschi della collina torinese, sopra corso Casale. Lì si tolse la vita con un rasoio, rivolgendo lo sguardo al sole nascente.

Agli editori lasciò un messaggio terribile e definitivo: "A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle... chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna".​ Ai figli lasciò poche lire e un’eredità pesante. Il destino della famiglia Salgari fu segnato da altre tragedie: la morte prematura di Fatima, la follia della moglie Ida e i suicidi dei figli Romero e Omar nei decenni successivi.

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