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Le De.Co. rilanciano l'Umbria, dalla crescia di Gubbio alle ciriole ternane: sempre più municipi valorizzano le proprie eccellenze

04 Luglio 2025, 10:29

Le De.Co. rilanciano l'Umbria, dalla crescia di Gubbio alle ciriole ternane: sempre più municipi valorizzano le proprie eccellenze

Ogni De.Co. racconta una storia. Dietro ogni prodotto riconosciuto ci sono mani sapienti, ricette tramandate da generazioni, legami profondi con il territorio. Dalla Crescia di Gubbio (un simbolo di identità, un ponte tra passato e presente, un sapore che racconta la genuinità della tavola umbra e che affonda le radici nella storia contadina) alla ciriola ternana (l’indiscusso sapore di pane appena sfornato) le Denominazioni Comunali rappresentano un baluardo contro l’omologazione del gusto e la perdita delle identità gastronomiche. La loro istituzione permette di tracciare, documentare e custodire questi tesori immateriali, restituendo dignità a saperi spesso confinati all’ambito domestico o rurale. E sono sempre più i Comuni, sulle tracce della legge regionale che l’Umbria ha varato poco meno di due anni fa, che decidono di valorizzare le proprie eccellenze (che non sono necessariamente enogastronomiche) per promuovere in definitiva anche il turismo legato al gusto.

Che ci sia un legame diretto tra questo comparto e lo sviluppo sostenibile basato sull’agricoltura multifunzionale, lo ha confermato il primo rapporto sul Turismo Dop in Italia, con 103 Strade e itinerari, 17 siti Unesco, 29 paesaggi rurali storici e 82 parchi e aree protette, finite sotto la lente d’ingrandimento della Fondazione Qualivita in collaborazione con Origin Italia e con il supporto del Mas. In realtà, a ben guardare, accanto a quell’incredibile patrimonio che può fregiarsi delle più celebri certificazioni come Dop, Igp, Doc o Docg, c’è un “sottobosco” che è tutt’altro da trascurare.

Nata negli anni Duemila come eredità dell’intuizione di Luigi Veronelli, la De.Co. non è una certificazione di qualità in senso stretto, ma un riconoscimento amministrativo con cui i Comuni censiscono, proteggono e promuovono i prodotti tipici del proprio territorio, legati indissolubilmente alla storia, alla cultura e alle tradizioni di una comunità. E in Umbria, questo strumento si sta rivelando strategico non solo per la conservazione della memoria gastronomica, ma anche per innescare nuove dinamiche di sviluppo economico e turistico.

Un volàno per l’economia locale

Il riconoscimento De.Co. ha ricadute concrete anche sul piano economico. Una volta inseriti in percorsi di promozione territoriale, i prodotti comunali possono entrare nei circuiti della ristorazione tipica, dei mercati contadini, dell’enogastronomia di qualità. I piccoli produttori ne traggono vantaggio in termini di visibilità e valore aggiunto, rafforzando filiere corte e sostenibili. In alcuni casi la De.Co. ha favorito la nascita di reti tra imprese agricole, artigiane e operatori turistici, creando sinergie capaci di generare sviluppo endogeno.

“Il riconoscimento De.Co. è arrivato per tutelare questa specialità eugubina, valorizzandone l’origine territoriale e la produzione artigianale – ci dice Barbara Marsili, presidente di Confcommercio Gubbio - una scelta che sottolinea l’importanza culturale della Crescia, non solo come cibo, ma come patrimonio vivo della comunità”. Un percorso che pure Foligno ha avviato per la sua Rocciata: “E’ un patrimonio – sottolinea il sindaco Stefano Zuccarini - non solo gastronomico ma sociale, di storia e di cultura, che merita di essere preservato, tramandato e valorizzato. E’ il primo passo di un percorso che dovrà portare all’ottenimento dell’Igp del dolce tipico folignate, la nostra rocciata ha tutte le carte in regola per poterlo ottenere, come si sta facendo per la Ciaramicola, per il Torcolo di Perugia e come già avvenuto per il Panpepato di Terni”.

Turismo del gusto: l’Umbria si assapora

Il cuore d’Italia è sempre più meta di un turismo esperienziale e consapevole, fatto di cammini, borghi, natura e, soprattutto, sapori. In questo contesto, i prodotti De.Co. rappresentano un elemento distintivo che arricchisce l’offerta turistica. I visitatori cercano autenticità, vogliono “assaggiare” il territorio, portare a casa un pezzo della sua anima. Le De.Co., spesso meno note delle grandi etichette, offrono proprio questo: unicità, racconto, contatto umano. Sono, in molti casi, il cuore delle sagre di paese, dei laboratori del gusto, dei pacchetti di turismo rurale. Un patrimonio che si sposa perfettamente con i presìdi Slow Food, altra eccellenza umbra, con cui condivide la missione di proteggere la biodiversità e valorizzare le piccole produzioni di qualità.

Un paniere che racconta il territorio

Accanto ai celebri vini Sagrantino di Montefalco Docg o all’olio extravergine Dop dei Colli Assisi-Spoleto, oggi il paniere umbro si arricchisce di prodotti dal volto più intimo e territoriale: come il pane di Terni, la cipolla di Cannara, la porchetta di Costano, il cicotto di Grutti. Tutti portatori di storie che parlano di comunità, stagionalità, sapienza artigiana. Attualmente, ad esempio, i presidi Slow Food sono 12: la più recente ad aver ottenuto il marchio della chiocciola è la Lumachella Orvietana, ma ci sono anche la pesca tradizionale del Trasimeno, il mazzafegato dell’alta valle del Tevere, il fagiolo secondo del Piano di Orvieto, il vinosanto ottenuto da uve affumicate dell’Alta Valle del Tevere, la fagiolina del Trasimeno, la fava cottòra dell’Amerino, il grano saraceno della Valnerina, la ricotta salata della Valnerina e il sedano nero di Trevi. Tutti prodotti che in questo senso non competono con le certificazioni europee, ma le completano, offrendo una mappa gastronomica più dettagliata e ricca.

Verso una rete delle De.Co. umbre

Diversi Comuni stanno oggi lavorando per mettere in rete le proprie Denominazioni Comunali, con l’obiettivo di condividere buone pratiche, creare eventi congiunti e rendere più incisiva la comunicazione. Un progetto ambizioso, che potrebbe rafforzare l’identità regionale umbra e posizionarla come esempio virtuoso nel panorama nazionale. In questo percorso, il ruolo delle amministrazioni locali, delle associazioni di categoria e degli stessi cittadini sarà decisivo. In un’epoca in cui la globalizzazione rischia di omologare gusti e culture, le De.Co. umbre rappresentano un atto di resistenza e di visione. Un investimento sulle radici per costruire futuro. E un invito, per chi visita l’Umbria, a scoprire l’anima più autentica di una terra che si lascia conoscere anche – e soprattutto – attraverso i suoi sapori.

Il 1° Rapporto Turismo Dop

Se il turismo Dop è un fenomeno innovativo che si colloca all’incrocio tra turismo enogastronomico, turismo culturale e turismo sostenibile, attraverso l’azione dei Consorzi di tutela e degli operatori del settore, l’Umbria al momento non sembra tuttavia sfruttare a pieno le potenzialità, visto che si piazza al quattordicesimo posto, a differenza di Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia che sono ai vertici grazie a un mix vincente: la presenza di filiere produttive solide, un’attrattività turistica consolidata e, soprattutto, Consorzi di tutela strutturati e riconosciuti capaci di svolgere un ruolo attivo di governance territoriale. Questa capacità di aggregare attori locali, promuovere progettualità condivise e attivare sinergie concrete, fa la differenza nello sviluppo di un’offerta turistica autentica, integrata e sostenibile. Sappiamo bene come il Belpaese sia in grado di mettere in campo un’offerta turistica che racconta l’Italia vera, con esperienze contestualizzate nel paesaggio, nella storia e nelle tradizioni delle comunità locali e garantendo qualità, identità e legame con il territorio. E il bilancio basato sulla green economy ringrazia.

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