POLITICA
Donald Trump
Donald Trump ha scelto ancora una volta l’Arabia Saudita per inaugurare il suo nuovo mandato presidenziale, ma questa volta il viaggio ha segnato una svolta epocale sia per gli Stati Uniti che per il Medio Oriente. Nel giro di poche ore, il presidente americano ha annunciato un pacchetto di accordi economici e militari senza precedenti e ha aperto la porta a un riavvicinamento con la Siria, dopo decenni di isolamento e sanzioni.
Nel sontuoso scenario del palazzo reale di Riyadh, Trump ha siglato con il principe ereditario Mohammed bin Salman una serie di intese che prevedono investimenti sauditi per 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti, destinati a infrastrutture, tecnologia e intelligenza artificiale. "Abbiamo i più grandi imprenditori del mondo qui oggi e se ne andranno con molti assegni" ha dichiarato Trump, sottolineando che l’accordo potrebbe generare fino a due milioni di posti di lavoro negli USA.
Ma la vera notizia è la firma del più grande accordo di vendita di armi mai registrato: 142 miliardi di dollari in sistemi d’arma, tecnologie avanzate e supporto militare per rafforzare la difesa saudita. L’intesa, celebrata come "la più grande della storia" dalla Casa Bianca, include sistemi per la difesa aerea, missili, tecnologie spaziali e rafforzamento della sicurezza dei confini. Il tutto in un clima di grande spettacolarità, con la presenza di Elon Musk tra gli ospiti d’onore e una parata di dignitari e imprenditori internazionali.
A margine del forum, Trump ha sorpreso tutti annunciando la sua intenzione di revocare progressivamente le sanzioni contro la Siria, aprendo la strada a investimenti e ricostruzione nel Paese devastato da oltre un decennio di guerra civile. La decisione arriva dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad e l’insediamento del nuovo presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, con cui Trump ha avuto un incontro storico: il primo tra leader di Stati Uniti e Siria da 25 anni.
"Diamo alla Siria una nuova possibilità di grandezza" ha dichiarato Trump, mentre in tutto il Paese la notizia veniva festeggiata con fuochi d’artificio e manifestazioni di piazza. L’apertura americana potrebbe segnare un punto di svolta per la Siria, da decenni sotto embargo e tagliata fuori dai circuiti finanziari internazionali.
Non sono mancate le tensioni: il premier israeliano Netanyahu aveva chiesto a Trump di non togliere le sanzioni a Damasco, ma la Casa Bianca ha tirato dritto, sottolineando che la priorità è la stabilità regionale e la lotta al terrorismo. Trump ha anche chiesto al leader siriano di riconoscere Israele e aderire agli Accordi di Abramo, ma per ora da Damasco non è arrivata conferma ufficiale.
L’accelerazione impressa da Trump nelle relazioni con le monarchie del Golfo e la Siria rappresenta un cambio di passo radicale rispetto alla diplomazia tradizionale americana. Con investimenti record, maxi-accordi militari e aperture senza precedenti verso Damasco, il presidente scommette su una nuova architettura di sicurezza e affari nel Medio Oriente. Resta da vedere se questa strategia porterà stabilità o nuove tensioni in una delle regioni più complesse del pianeta.
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