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L'indagine

L’Umbria rallenta, ma non cede: redditi in calo, qualità della vita in tenuta. Premiano formazione e istruzione

Il rapporto BesT 2024 dell’Istat fotografa una regione in difficoltà economica ma ancora resiliente sul piano sociale. Mencaroni (Camera di commercio): “Servono scelte coraggiose e investimenti mirati”

Catia Turrioni

07 Maggio 2025, 20:02

In Umbria si continua a vivere bene

In Umbria si continua a vivere bene

L’Umbria è fanalino di coda tra le regioni italiane per la crescita reale del reddito Irpef medio pro capite nel quinquennio 2019-2023. È quanto emerge dal rapporto BesT 2024 dell’Istat, che mette nero su bianco le fragilità strutturali di un’economia ancora alle prese con gli effetti della pandemia e dell’inflazione. Ma accanto al quadro economico poco incoraggiante, il rapporto restituisce anche l’immagine di un territorio che, grazie a coesione sociale, cultura e servizi pubblici, mantiene una qualità della vita sopra la media nazionale.

Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il reddito complessivo Irpef per contribuente in Umbria è cresciuto del 10,8% in valori nominali, contro il +13,9% della media italiana. Ma al netto dell’inflazione, il quadro cambia radicalmente: in termini reali, si registra una flessione del 3,7%, oltre tre volte peggiore rispetto alla media nazionale (-1%). Una perdita di potere d’acquisto quantificabile in 865 euro pro capite. Nessuna regione ha fatto peggio.

Ancora più allarmante il dato sui redditi da lavoro dipendente. Tra il 2019 e il 2023, i salari umbri hanno subito un calo reale del 10,7%, a fronte di una media nazionale del -4,5%. Nel 2019, il reddito medio era di 25.734 euro; nel 2023, aggiornato al potere d’acquisto attuale, è sceso a 25.454 euro.

Leggermente più incoraggiante la situazione dei pensionati: i redditi da pensione sono cresciuti in termini reali dello 0,9%, superando la media italiana dello 0,5%. Un miglioramento, ma insufficiente a compensare la crisi del lavoro.

A livello provinciale, Perugia ha registrato una crescita nominale del reddito Irpef pari all’11,1%, Terni al 10,1%: entrambi i dati restano sotto la media nazionale e, una volta corretti per l’inflazione, indicano una perdita. Nel 2023, il reddito medio regionale è stato di 20.600 euro, contro i 21.800 della media italiana: meglio delle Marche e delle regioni meridionali, ma ben lontano dai livelli del Centro-Nord.

Nonostante le difficoltà economiche, l’Umbria mostra una tenuta sorprendente negli indicatori di benessere sociale. Il 46,1% degli indicatori BesT si colloca nelle fasce “alta” o “medio-alta”, a fronte di una media italiana del 41,8%. Solo il 17,2% ricade nelle classi più basse, contro il 35,6% nazionale.

La regione eccelle in particolare in istruzione e formazione: il 44,4% degli indicatori è in fascia alta, e il 59,8% dei diplomati umbri si iscrive subito all’università (contro una media nazionale del 51,8%). Anche la partecipazione civica è elevata: alle elezioni europee 2024 ha votato il 60,8% degli aventi diritto, 11 punti in più rispetto alla media italiana.

Le maggiori criticità emergono nel campo dell’innovazione. Solo il 37,5% degli indicatori legati a ricerca e creatività rientra nelle fasce alte. Preoccupano i dati sulle domande di brevetto: 53,6 ogni milione di abitanti, contro una media italiana di 102,9. Terni precipita a 21, Perugia si attesta a 64,8.

L’Umbria si distingue per la diffusione di strutture culturali: 156 tra musei, monumenti e siti archeologici (il 3,5% del totale italiano), 119 biblioteche, presenti in oltre due terzi dei comuni. I servizi digitali comunali sono tra i più avanzati del Paese: il 61% dei comuni offre almeno un servizio online alle famiglie, contro il 53,6% nazionale.

“La dinamica regressiva dei redditi umbri non può essere ignorata. Non basta accontentarsi di una buona qualità della vita mentre l’economia arretra”, avverte Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria. “Servono investimenti su innovazione, formazione e imprese. I dati sui brevetti parlano chiaro: siamo in ritardo. Ma il margine per crescere c’è, se si scommette sul capitale umano”.

Per Mencaroni, è il momento di agire: “Occorrono infrastrutture materiali e digitali, filiere innovative, strategie condivise tra istituzioni, università e sistema produttivo. Serve uno shock positivo. Il tempo stringe, e il benessere da solo non paga le bollette”.

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