LA STORIA
L’attentato a Maurizio Costanzo
Il 14 maggio 1993, alle 21.37, 100 chili di tritolo trasformarono via Ruggero Fauro a Roma in un cratere fumante. L’obiettivo era Maurizio Costanzo, colpevole di aver sfidato Cosa Nostra in televisione, bruciando in diretta una maglietta con la scritta Mafia made in Italy e ospitando Giovanni Falcone pochi mesi prima della strage di Capaci. Quella sera, però, il destino giocò a suo favore: un ritardo di pochi secondi nell’attivazione della bomba e un cambio d’auto dell’ultimo momento salvarono la vita al conduttore, alla compagna Maria De Filippi e al loro cane Liù.
Visualizza questo post su Instagram
Il piano, orchestrato da Totò Riina e coordinato da Matteo Messina Denaro, prevedeva di far esplodere una Fiat Uno imbottita di esplosivo al passaggio dell’Alfa Romeo 164 di Costanzo. Ma quella sera, il giornalista utilizzò una Mercedes blindata noleggiata, guidata dall’autista Stefano Degni. I killer, forse disorientati dal veicolo diverso, attivarono il detonatore con un ritardo cruciale: l’esplosione avvenne quando l’auto era già oltre il punto critico, protetta da un muretto. "Se fossi andato un filo più piano, saremmo diventati poltiglia", raccontò Degni, che riportò danni all’udito e alla vista.
L’attentato, che causò 24 feriti e danni per milioni di lire, lasciò un segno indelebile su Maria De Filippi. In un’intervista a Che Tempo che Fa, la conduttrice rivelò: "Ho avuto paura per almeno due anni. Ho promesso a mio padre che non sarei più salita in macchina con Maurizio". Per superare l’incubo, ricorse persino all’ipnosi, convinta di aver visto il volto del killer: "Un ragazzo che mi fissava fuori dal Teatro Parioli". Nonostante le suppliche, Costanzo riprese a occuparsi di mafia, definendola una scelta di vita. Infatti, nonostante le minacce, Costanzo non si arrese: "La mafia mi regalò una seconda vita", dichiarò, riferendosi al senso di missione rinnovato. La sua tenacia divenuta simbolo della resistenza civile, mentre le dichiarazioni di De Filippi ricordano il costo umano della lotta alla criminalità.
L’attentato fu parte della strategia stragista di Cosa Nostra, che nel 1993 colpì Firenze, Milano e Roma. Secondo il pentito Gaspare Spatuzza, Riina volse al tritolo dopo aver fallito con le armi da fuoco nel 1992. Messina Denaro, inviato a Roma per studiare gli obiettivi, assistette a una puntata del Maurizio Costanzo Show per valutarne la vulnerabilità. La bomba di via Fauro segnò l’inizio dell’offensiva al continente, culminata con le stragi di via dei Georgofili e via Palestro.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy