Royal Family
L'arrivo di Re Carlo a Ottawa con la Regina Camilla (LaPresse)
Re Carlo III è in Canada per una visita-lampo di 20 ore, la prima da quando è salito al trono. Nessun discorso ufficiale, nessuna dichiarazione solenne: al loro posto, gesti mirati, immagini studiate, piccoli segnali. Come la partecipazione a una dimostrazione di hockey su strada - sport identitario e amatissimo nel Paese - che segna il tono informale e quasi “popolare” di questo viaggio.
Come riporta Reuters, il sovrano partecipa con un atteggiamento rilassato, osservando la partita e salutando i presenti con un sorriso costante. Non indossa sciarpe o gadget da tifoso, come qualcuno aveva ipotizzato, ma adotta uno stile sobrio, con un chiaro messaggio di vicinanza.
Uno dei momenti più significativi della visita si svolge al National War Memorial, dove Carlo sceglie di rinunciare alle barriere protocollari e si avvicina ai veterani per salutarli di persona. Un gesto voluto, come evidenzia The Guardian, che rafforza l’idea di una monarchia che cerca un tono nuovo, più umano, meno distante.
L’obiettivo è evidente: rafforzare il legame affettivo con il Canada, proprio mentre l’istituzione monarchica è messa in discussione. Secondo un sondaggio Ipsos citato dal Guardian, solo il 45% dei canadesi oggi sostiene la monarchia; il 39% preferirebbe una repubblica.
Carlo non resta a lungo: appena venti ore sul suolo canadese, ma la sua agenda è compatta. La scelta di una visita simbolica e veloce è letta come un tentativo di rinnovare l’immagine della monarchia in uno dei Paesi più importanti del Commonwealth, proprio mentre si moltiplicano le spinte indipendentiste.
Il governo canadese, nel comunicato diffuso alla vigilia del viaggio, parla apertamente di un’occasione per “riaffermare il legame con la monarchia costituzionale”. In altre parole: confermare che la corona britannica è ancora presente e osserva, anche se con passo leggero.
Il modo in cui Re Carlo affronta questo viaggio è coerente con il profilo che sta costruendo: meno retorica, più gesti, meno cerimonia e più attenzione ai simboli popolari e culturali. Cammina tra la gente, guarda partite di strada, stringe mani. Non vuole imporsi: vuole essere riconosciuto, non solo rappresentato.
Il viaggio non è ancora concluso, ma ha già detto molto. Forse, per una monarchia che cerca una nuova legittimità nel XXI secolo, questo tipo di presenza “sobria ma visibile” è la chiave per restare.
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