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Serse Cosmi, tra palco e realtà il ritorno dell'Uomo del fiume

Solo Coppi temo ci restituisce una figura autentica, non che si sia mai persa, ma nello spettacolo scardina ogni schema da persona libera e lontana dalla stupidità

Federico Sciurpa

07 Dicembre 2024, 16:50

Serse Cosmi, tra palco e realtà il ritorno dell'Uomo del fiume

La sindaca di Perugia con un sorriso largo così, i suoi giocatori, una schiera di opinionisti nazionali, direttori sportivi, amici (forse anche nemici), gli affetti di sempre, qualche signora ingioiellata. Soprattutto tanti ragazzi. La prima di Serse Cosmi su un palcoscenico riempie, fino a soffocarlo, San Francesco al Prato divenuto sontuoso tempio culturale di Perugia. Le prime file come un parterre d’onore di uno stadio di serie A composto alla rinfusa, telecamere e flash; dietro un mare di teste che ondeggiano ai pezzi dosati da Dj Ralf e restano immobili al pianoforte di Giovanni Guidi, compositore di fama.

Al centro lui, l’Uomo del fiume, che un lavoro teatrale ci restituisce in pienezza. Non che Cosmi si sia mai perso, ma Solo Coppi temo (Alessandro Riccini Ricci l’originale spettacolo lo ha chiamato così) ci restituisce il Serse più autentico, liberato da schemi e cliché (per lui inconsapevoli) che anni di calcio dorato cuciono addosso. Come armature, come malattie.
Cosmi scardina tutto e racconta se stesso senza seguire uno schema biografico (aneddoti e attimi significativi), senza scadere nella retorica e nella nostalgia, peggio in riferimenti amari e astiosi verso un mondo dal quale ha preso tanto, non rinnega, ma critica con franca onestà intellettuale.
La solita pappa scodellata dove si fa la morale con buonismo a piene mani? No, questo lavoro è l’esatto opposto e ne avevamo tutti un po’ bisogno.

Un racconto di valori che segue e aggiorna il libro l’Uomo del fiume che Cosmi scrisse con Enzo Bucchioni, le cose che per Serse contano davvero. Cosmi libera ed esprime la sua indole di persona indipendente lontana dalla stupidità e racconta la realtà con tratto crudo senza farsi prendere la mano: il calcio che ha vissuto, pregi e mali di quel mondo, diventano una metafora di vita. Perché il calcio lo è. Ci sono “gli altri” dei quali hai una sola certezza: spariscono nella disgrazia. La televisione che disegna una caricatura di te tanto da confonderti, tu stesso, con quel personaggio; ci sono i soldi facili a 20 anni (“sopprimono la passione”), ciò che doveva essere e poi puff non lo è stato più (la serie A riconquistata a Genova col Genoa) e cambia la prospettiva di una esistenza, ma c’è anche quello che resta. Gli amici autentici (anche chi è a miglior vita), c’è il figlio del fiumarolo del Tevere che porta la Pontevecchio - squadra del suo paese - in serie D: il sogno del padre Antonio, perso improvvisamente quando aveva 15 anni. E’ lui che dà il titolo allo spettacolo perché Solo Coppi temo era la scritta che Pajetta (così lo chiamavano ad Antonio per quella somiglianza di temperamento al leader del Pci) aveva fatto sull’Ape per Fausto Coppi di cui era tifosissimo. Tanto che Serse porta quel nome in onore del fratello di Coppi, morto dopo un incidente in corsa.

“Vengo dalla polvere” ripete Cosmi sul palco e il prof di educazione fisica trionfa ad Arezzo, col Perugia (voluto da Gaucci al quale ha fatto una dedica davanti al figlio Riccardo seduto in prima fila), poi a Genova. E’ l’allenatore del Bar Bruna che entra nel grande circo ed espugna San Siro col grifo, l’effetto acuto della vittoria che Serse interpreta con straordinaria intimità, per assurdo l’effetto di un dolore.

Nello spettacolo ecco comparire in video Cantona, giocatore che avrebbe voluto allenare, valutazioni (queste sì giustamente sentimentali) sul talento troppo spesso schiacciato dall’omologazione e per uno che ha tatuato il verso di De Andrè, “Signora libertà, signorina anarchia”, c’è anche un po’ da immaginarselo.
Se aspettate cosa dirà l’ex, magari polemico, lasciate perdere. Girate prima. Qualche sassolino disseminato c’è, ma chi non segue il calcio non se ne accorge. Perché questa metafora di vita piacerà soprattutto a chi di calcio non sa e non intende saperne. Bentornato Serse.

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