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cronaca

Omicidio Perugia, perquisite le case dei due giovani stranieri indagati

Francesca Marruco

21 Ottobre 2025, 08:48

Omicidio Perugia, perquisite le case dei due giovani stranieri indagati per la morte di Hekuran Cumani

Hekuran Cumani

Nell’intricata inchiesta sull’omicidio di Hekuran Cumani mancano ancora tanti elementi, come manca l’arma del delitto. Forse è per questo motivo che gli agenti della mobile hanno perquisito le case di due dei quattro indagati per porto abusivo di oggetti atti a offendere e minacce aggravate. Come ha specificato infatti ieri pomeriggio la procura, con una nota ufficiale firmata dal procuratore Raffaele Cantone, al momento non ci sono iscritti per l’omicidio. Stando a quanto emerge, la lama con cui è stato ucciso il 23enne di Fabriano, colpito tra collo e torace, non sarebbe stata trovata nelle case dei due giovani del gruppo di Ponte San Giovanni, ma gli agenti della mobile hanno comunque sequestrato tutto cioè che è stato ritenuto di potenziale interesse investigativo. A partire dai telefoni cellulari degli indagati di cui la polizia in queste ore sta effettuando le copie forensi, prima di restituirli ai proprietari.

Lì dentro andranno a caccia di messaggi e chiamate e quanto di altro utile per l’indagine che, non avendo avuto svolte con gli interrogatori fiume che si sono tenuti sabato e domenica in questura, deve ripartire dagli elementi esistenti.
Le testimonianze dei ragazzi presenti la notte dell’omicidio infatti, almeno fino adesso, non sono utili a ricostruire un puzzle sensato. I pezzi continuano a non combaciare: chi ha visto qualcuno con due coltelli in mano, e chi ha visto due coltelli in mano a due persone diverse. Chi sostiene di essere stato aggredito dal gruppo dei marchigiani, arrivati insieme alla vittima a Perugia per passare una serata al 100dieci, e chi racconta l’esatto contrario.

Non c’è chiarezza nemmeno su chi abbia ferito il fratello della vittima, che ha riportato un taglio alla gamba.
Neanche lui sarebbe stato in grado di indicare agli inquirenti chi è stato. C’è una relativa certezza su chi era presente durante le fasi della colluttazione, ma sul resto, per stabilire chi ha fatto cosa, il quadro resta claudicante. Uno dei due indagati per porto abusivo di armi improprie e minacce aggravate, ha raccontato di aver avuto un coltello ma di aver deciso di non utilizzarlo per non peggiorare la situazione. Anche lui, secondo quanto emerge, avrebbe addosso ecchimosi in diverse parti del corpo. Ma nemmeno lui, come gli altri, si è detto in grado di dire chi lo ha colpito. Il buttafuori, pure lui finito iscritto per lesioni, perché avrebbe colpito il fratello della vittima, ha dichiarato di averlo disarmato.

Di certo quel coltello, uno di quelli da cucina, è stato rinvenuto in un’auto che la polizia ha perquisito. Nei prossimi giorni verrà analizzato. A prima vista sembrerebbe privo di tracce ematiche, ma potrebbe essere stato pulito. E’ verosimile anche che venga confrontato con la ferita mortale. Nelle prossime ore il sostituto procuratore titolare del fascicolo, Gemma Miliani, potrebbe disporre l’autopsia da cui si attendono anche indicazioni sull’arma. E’ possibile infatti che l’esame medico legale venga eseguito anche prima di accusare qualcuno di omicidio. E’ stato certamente uno dei temi al centro del vertice tra magistrati e poliziotti che si è tenuto ieri pomeriggio in procura per fare il punto su un’indagine che, salvo colpi di scena, rischia di richiedere un lavoro lungo e certosino. Senza testimonianze che abbiano conferme oggettive, e che inoltre tra loro risultano contraddittorie, senza immagini delle telecamere (quelle presenti nel parcheggio del dipartimento di Matematica e informatica non registrano nulla) si tratta di riesaminare uno per uno tutti gli indizi. In cerca di quello decisivo.

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