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Omicidio Perugia, Hekuran Cumani ucciso mentre difendeva il fratello: indagati tre giovani per i coltelli e un buttafuori. Caccia al killer

Nessuno dei testimoni avrebbe assistito all'uccisione. Uno degli indagati aveva aggredito un buttafuori all'Urban

Francesca Marruco

20 Ottobre 2025, 08:30

Omicidio Perugia, Hekuran Cumani ucciso mentre difendeva il fratello: indagati tre giovani per i coltelli e un buttafuori. Caccia al killer

Ha cercato di difendere il fratello minore dall’aggressione che stava subendo. Si è messo fisicamente in mezzo, provando a fargli scudo col suo corpo e ha preso una coltellata che l’ha ucciso. A Fabriano, il giorno dopo l’assurdo omicidio di Hekuran Cumani, morto in una manciata di secondi nel parcheggio del Dipartimento di matematica e informatica di Perugia, dove nemmeno gli operatori del 118 hanno potuto salvarlo, è il momento del lutto, ma anche della rabbia e dell’impotenza.

Il fratello, pure lui ferito, non si dà pace. Dice di non aver visto chi ha accoltellato “Heku”, come lo chiamava chi gli voleva bene. E’ la stessa cosa che hanno detto anche tutti gli altri altri ragazzi ascoltati a lungo sabato pomeriggio in questura a Perugia. Nessuno di loro si è detto in grado di indicare chi abbia sferrato il colpo, tra collo e petto, che ha ammazzato Hekuran. E nessuna delle versioni, comprese quelle dei “perugini” con cui c’è stata la colluttazione sfociata in tragedia, combacia interamente. Circostanze queste che agli investigatori hanno fatto anche ipotizzare una certa reticenza. E’ possibile che di tutti i presenti proprio nessuno abbia visto nulla di utile per trovare l’assassino? Senza contare che ognuno racconta, o ha deciso di raccontare, solo un pezzetto della storia di una serata in discoteca finita nel sangue, perché due gruppi di ragazzi, tutti (o quasi) italiani di seconda generazione, si sono sfidati, picchiati e feriti a morte per non si sa bene quale banalità.

Intanto però, nel registro degli indagati, per reati minori (almeno per il momento) ma sempre collegati all’episodio, sono finiti in diversi. C’è un ragazzo di appena 18 anni italiano di seconda generazione, di origine marocchina, residente a Ponte San Giovanni, il cui nome compare in recenti fatti di cronaca, che è stato indagato per minacce aggravate e porto di oggetti atti ad offendere. Ovvero un coltellaccio da cucina, che si è procurato durante il parapiglia scoppiato nel parcheggio dopo la chiusura del locale, grazie alla fidanzata (una giovane italiana indagata pure lei per porto di oggetti atti ad offendere) arrivata in auto con la lama all’interno. C’è anche un altro ragazzo che deve rispondere degli stessi reati, un giovane italiano di origine tunisina, anche lui armato di coltello. Il primo sarebbe stato ritrovato, senza macchie di sangue e non sarebbe quindi l’arma del delitto. Del secondo invece non c’è traccia. Il 18enne di origine marocchina che alla polizia ha detto di essere stato aggredito dal gruppo dei marchigiani per un’offesa in arabo, di essersi procurato il coltello per paura e di essersene poi disfatto per non ferire nessuno è lo stesso che, insieme a un connazionale, qualche mese fa, aveva aggredito i buttafuori della discoteca Urban con spray al peperoncino e machete. Per quell’episodio nei suoi confronti era stata emessa la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, una misura ancora esistente. Sempre lui sarebbe stato coinvolto anche in altri fatti violenti accaduti all’esterno di un locale notturno di Ponte Valleceppi.

Oltre ai due giovani, che farebbero parte del cosiddetto gruppo di Ponte San Giovanni, e alla ragazzina che si è dichiarata non a conoscenza del fatto che in auto ci fosse un coltello, nel registro degli indagati è finito anche uno dei buttafuori del 100dieci. A lui la procura contesta il reato di lesioni: secondo quanto emerso, nel tentativo di dividere i giovani che si stavano picchiando, quando già erano comparsi i coltelli, avrebbe ferito il fratello della vittima. Il ragazzo, che fa il buttafuori per arrotondare, accolto in questura dalle urla degli amici di Hekuran, avrebbe immediatamente ammesso di avere inavvertitamente colpito il fratello della vittima mentre cercava di mettere fine agli scontri. Il vigilante ha anche spiegato di aver disarmato un giovane magrebino che brandiva un coltello e di averlo buttato in una macchina. Sembrerebbe trattarsi, stando alla descrizione, dello stesso che alla polizia ha dichiarato invece di essersi disfatto autonomamente del coltello. Intanto gli inquirenti hanno sequestrato il telefono a tutti gli indagati: le chiamate e i messaggi intercorsi in quei minuti sono al centro dell’inchiesta, che a questo punto deve reinventarsi.

E’ evidente che gli inquirenti, non avendo trovato indicazioni utili e univoche nella lunga tornata di interrogatori, devono cambiare strategia per individuare l’assassino di Hekuran. Non avendo nemmeno elementi utili dalle telecamere del parcheggio universitario, si tratterà di indagare alla vecchia maniera. Per trovare l’omicida di un 23enne, Hekuran Cumani, che aveva solo deciso, come fatto già tante altre volte in passato, di divertirsi nei locali di Perugia.

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