CRONACA
Si è difesa, ha provato a divincolarsi, lo ha colpito, anche al volto. E forse i segni e i graffi che i datori di lavoro hanno notato sul loro dipendente - ora in stato di ferma per la violenza - una mattina di metà luglio, poco dopo il denunciato stupro, sono attribuibili a quella lotta in cui poi la 21enne della Mongolia ha avuto la peggio. Martedì 5 agosto uno dei titolari del ristorante dove il fermato - 45enne afgano - prestava lavoro come aiuto cuoco (in passato avrebbe fatto anche il cameriere) è stato sentito in questura proprio per ricostruire quel lasso temporale. E per capire se quei graffi - notati anche dai colleghi - sono attribuibili alla colluttazione con la giovane o, come ha sostenuto l’uomo, erano i segni di una zuffa con un conoscente.
Una prova in più rispetto a un quadro accusatorio già solido. Il fermato, stando a quanto emerge, avrebbe già parzialmente ammesso alcune evidenze. Vanno avanti le indagini per trovare ulteriori riscontri: sono al vaglio tutte le videocamere della zona per ricostruire gli spostamenti. La polizia scientifica ha effettuato i rilievi e repertato le tracce biologiche sulla maglia di lei, riferibili alla violenza sessuale denunciata. È poi stato disposto un accertamento del DNA, risultato coincidente con quello dell'indagato che era stato preliminarmente prelevato, senza che se ne accorgesse.
Nel corso della nottata la 21enne è riuscita ad attivare la telecamera del suo cellulare e, quindi, a effettuare alcune riprese e a registrare fasi dell'aggressione. In una in particolare si documenterebbe la natura non consenziente degli atti. Dopo quattro giorni barricata in casa, ancora sotto shock la vittima supportata dalla madre che l’aveva nel frattempo raggiunta a Perugia, ha deciso di denunciare tutto alla polizia di Stato. Dopo aver resocontato nei dettagli alla squadra Mobile, la vittima è andata all'ospedale di Perugia, dove le sono state diagnosticate lesioni con 30 giorni di prognosi. Dopo aver sporto denuncia, la squadra mobile - coordinata dalla procura della Repubblica - ha avviato le indagini. Ha perquisito il locale dove si sarebbe consumata la violenza, ha effettuato vari pedinamenti e ascoltato una serie di testimoni per poi individuare l'indagato, poi riconosciuto dalla vittima.
Dentro al locale dello stupro, un ex kebab, sarebbero stati ritrovati anche documenti riconducibili al fermato. La 21enne, stando alla versione della giovane, si è convinta a entrare con la scusa di visitare un cantiere in cui l’afgano avrebbe poi aperto un ristorante. Le avrebbe anche promesso di farla lavorare come cameriera. Il posto indicato si trovava sulla stessa strada che avrebbe dovuto percorrere "per andare a casa". Arrivati dentro hanno iniziato a chiacchierare fino a quando la vittima avrebbe chiesto di potersi allontanare. Però poi ha trovato chiusa a chiave la porta di ingresso. Lì è iniziato l’inferno, durato una notte intera.
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