Amanda Knox e Meredith Kercher? Sono due "vittime delle stesse circostanze". Le parole che fanno rumore e riaccendono nuovamente i fari sull’omicidio della studentessa britannica consumatosi il primo novembre 2007 sono proprio della statunitense, prima condannata e poi assolta, che è tornata a raccontare la vicenda nel podcast Goop di Gwyneth Paltrow. Faccia a faccia con l’attrice, che in Umbria trascorre lunghi periodi dell’anno, Amanda è tornata indietro nel tempo raccontando la sua versione dei fatti, a poche settimane anche dall’uscita della serie TV su Disney+ prodotta assieme a Monica Lewinsky che ripercorre il caso secondo il suo punto di vista. "È iniziato tutto con due giovani donne provenienti da diverse parti del mondo che sono arrivate in questa bellissima piccola città nel cuore verde d’Italia e solo una è sopravvissuta", spiega Amanda ricordando come, nel corso degli anni, in molti le avessero chiesto di raccontare la sua storia. "Ho sempre detto di no, perché nessuno mi aveva chiesto di essere produttrice esecutiva", ma soprattutto "perché per molto tempo non mi sono sentita a mio agio con l’idea di raccontare la mia storia in modo romanzato, perché non è solo la mia storia. È anche la storia di come una ragazza che è andata in Italia è stata uccisa. La gente ha sempre provato a metterci l’una contro l’altra in modo orribile quando entrambe siamo vittime delle stesse circostanze. Mi sembrava sbagliato finché non ho iniziato io a prendere iniziative".
Knox ha quindi riavvolto il nastro della sua esperienza a Perugia ("avevo 20 anni", ripete più volte), raccontando anche i primi incontri con Raffaele Sollecito, il "mio nuovo ragazzo da una settimana". Per lei, l’Erasmus "era un sogno", e la mattina del ritrovamento del cadavere di Meredith la coppia aveva in programma una gita a Gubbio: "Il mio piano quella mattina era semplicemente di tornare a casa, fare una doccia, vestirmi con qualcosa di carino perché ero in questa avventura romantica, e andare a Gubbio; invece ho trovato una scena del crimine".
Tornando invece ai momenti trascorsi in questura, Knox spiega che l’interrogatorio finale "è stata una totale violazione dei miei diritti umani" e che già prima i poliziotti "non erano esattamente gentili con me".
"Il mio avvocato ha fatto un calcolo sulle dichiarazioni date come testimone durante i giorni che hanno preceduto l’arresto — va avanti Amanda — Sono stata nell’ufficio di polizia a rispondere alle domande per 53 ore in cinque giorni". Knox ha anche parlato dell’unico condannato di questa vicenda, Rudy Guede: "È libero ed è di nuovo sotto processo per aver perseguitato e aggredito sessualmente un’altra giovane donna che per fortuna questa volta è sopravvissuta. Ma nessuno lo sa, perché lui non è mai stato al centro della storia. La verità su ciò che è accaduto a Meredith non è mai stata la storia. È sempre stato lo scandalo, questa specie di fantasia pornografica su ciò che sarebbe potuto succedere a Meredith se la sua coinquilina fosse stata la colpevole. Non solo la sua coinquilina, ma la sua coinquilina americana dall’aspetto da Biancaneve, bella".
Infine, Amanda ha anche parlato del rapporto con "il mio procuratore", Giuliano Mignini e dei loro incontri. La prima volta "che l’ho contattato è stata poco prima della pandemia. Ero ossessionata da questa domanda: perché io? Perché ha inventato queste cose pazzesche su di me che non sono per niente supportate da nulla?". All’inizio Mignini "non aveva idea di cosa fare. Non se lo aspettava neanche lontanamente".