GRAFFITI
Negli ultimi giorni si è molto parlato del progetto di istituire zone 30 in alcune vie e quartieri della città di Perugia, ma aldilà della contrapposizione politica e del cortocircuito che si è innescato (la genesi appartiene alla precedente giunta comunale), vorremmo provare a restare nel merito. Ad esaminare perché si può essere contrari, non solo alle zone 30, che comprendono un panel di interventi abbastanza complessi (carreggiate più strette, marciapiedi più larghi, attraversamenti rialzati, isole pedonali…), infatti sono ancora da finanziare, ma addirittura ai limiti di velocità a 30 già installati in strade soggette a situazioni di pericolo costante.
Per cui, secondo una buona metà della popolazione cittadina, 30 all’ora non va bene (forse batte in testa il motore?), i divieti di sosta vanno aboliti (vedere viale Roma), si può sorpassare con striscia continua e volendo anche in curva.
Rispetto a questa anarchia stradale, le zone 30 possono rappresentare davvero una svolta, un avvicinarsi pian piano a diventare davvero il simbolo di un cambio di stile di vita, di una ricerca nemmeno tanto difficile di limitare l’invadenza e la velocità delle vetture, ricavando spazi sicuri per tutti, dai pedoni ai ciclisti, ma soprattutto per i più piccoli, che non appena escono da scuola si trovano circondati dalle auto di genitori e nonni, sempre di fretta, sempre appostati il più vicino possibile per non perdere tempo. Per non fare nemmeno cento metri a piedi. E’ questa la diseducazione che vogliamo tramandare, dopo aver conquistato il prestigioso record mondiale delle auto in circolazione (a Perugia 77 ogni 100 abitanti)?
Facciamo degli esempi. Borgo XX Giugno, quartiere simbolo della città, è destinato, diremmo naturalmente, a diventare una delle zone 30. Nel frattempo, anche senza cartelli di divieto, ci chiediamo se davvero c’è qualcuno sano di mente che pensa seriamente di poter transitare a più di 30 kmh in una via a senso unico, con locali enogastronomici sempre pieni di gente e dotati di strutture esterne al liscio della carreggiata, con una scuola materna ed elementare, una facoltà universitaria, auto parcheggiate sulle strisce blu, a destra in verticale, a sinistra a spina di pesce, ovunque più avanti, anche sui marciapiedi accanto al Frontone. In perenne divieto di sosta e rimozione (mai visto un carro attrezzi in azione, peraltro). In un simile contesto andare piano, anche a passo d’uomo se serve, significa avere rispetto, dettare delle regole, specialmente se si hanno bambini a bordo.
Altre esperienze sul campo. Via san Vetturino, un budello stretto di 2,5 km che consente a malapena di far passare due auto affiancate, con abitazioni tutte lungo la strada. C’è il limite di 30, ma nessuno lo rispetta. Anche in via Freguelli (Casenuove di Ponte della Pietra) c’è lo stesso cartello oltre a due dossi e persino scritte in alto e sull’asfalto. Certo, ipotizzare la circolazione delle bici assieme a bus e auto, sulla stessa carreggiata, non è stata una grande idea, ma in ogni caso questo tentativo di dissuasione “pacifica” (non ci sono, naturalmente, autovelox) non funziona. Ci è capitato più volte di percorrere quella strada, rispettando i limiti, e siamo stati regolarmente sorpassati.
Di nuovo: c’è bisogno di divieti e zone 30 per capire che lì non si può correre? E se un giorno, miracolosamente, dovessero arrivare i vigili con un telelaser per sanzionare chi mette a rischio la vita delle persone, davvero c’è qualcuno che si sente di protestare, anche solo per spirito di parte?
In un Paese dove sempre più spesso vengono uccisi pedoni che attraversano sulle strisce o ciclisti che pedalano regolarmente sulla destra, forse sarà il caso di fare pace con il delirio di onnipotenza procurato dal piede destro sull’acceleratore. Si vive una volta sola e conviene vivere bene.
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