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La sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi e l'europarlamentare Marco Squarta con i loro animali domestici
Un mese fa Margherita Scoccia ha lanciato la proposta di creare “un ospedale veterinario pubblico e gratuito” per le fasce di popolazione meno abbienti che hanno o vorrebbero avere un animale domestico. Il servizio (non l’ospedale) esiste già e si basa su una legge regionale del 2015, rivista più volte, l’ultima nel 2019. Ed è un buon segnale che sia stata firmata da Marco Squarta (Fdi) e Carla Casciari (Pd). Una ragione in più perché oggi si possa continuare a migliorarla senza sventolare bandiere, al di là di quello che vorrebbe Margherita Scoccia per Perugia (“visite, ecografie, radiografie e Tac, sale operatorie, reparti di degenza e di terapia intensiva, laboratori di analisi, spazi per la formazione universitaria e la ricerca veterinaria”), probabilmente difficile da mettere a punto per questioni non solo di budget ma anche organizzative.
A proposito di iniziative bipartisan, un impegno per far sì che si arrivi a curare gratuitamente gli animali interessa sicuramente anche Vittoria Ferdinandi, non solo per affinità puramente culturali (l’aiuto ai meno abbienti) ma più semplicemente perché possiede un cane, sempre protagonista dei suoi post. E chi convive con un animale, lasciatelo dire a chi scrive queste righe, che ha sempre avuto svariati quattro zampe in giro per casa, è moralmente predisposto al loro bene, al di là di schieramenti e bandiere. Tutto ciò premesso, le legge esistente ha ancora tanti “buchi”, tante imperfezioni che cercheremo di spiegare.
Rapidamente: la norma in vigore prevede che le prestazioni veterinarie siano “gratuite per chi procede all’adozione dalle strutture pubbliche (canili e gattili) e si trova in situazione di svantaggio economico”. Che cosa non va, allora? I veterinari fanno notare che gli animali dati in adozione sono tutti già microchippati, sverminati, vaccinati e sterilizzati, addirittura con un “bonus” da sfruttare più avanti nel tempo in caso si tratti di cuccioli che no possono essere sottoposti a tutta la trafila suddetta. Stesso trattamento gratuito è riservato alle colonie feline. Ma, appunto, si tratta di interventi-standard per i primi anni di vita. Andando avanti si può solo ricorrere a privati, sia per analisi e cure, sia soprattutto per le urgenze che non rientrano in nessun parametro di gratuità.
Oppure ci si può rivolgere al pronto soccorso dell’ospedale veterinario, posto accanto alla facoltà universitaria di via san Costanzo, che è aperto h24, è sovvenzionato dalla Regione (170mila euro per tutto il 2025) ed ha parcelle molto basse. Ma ha pur sempre un costo.
Nelle pieghe della legge si fa cenno anche ad una forma di assistenza gratuita, presentando un Isee inferiore ai 15mila euro, ma, sempre ascoltando la voce dei veterinari del servizio pubblico, la circostanza non è stata mai chiarita a sufficienza. Forse sarebbe utile una card, un bonus veterinario ottenuto dopo una registrazione, da usare in qualsiasi struttura, pubblica o privata, anche per le urgenze. Non ha senso invece, ricordare che queste spese e si possono detrarre dalle tasse. Consentire di scaricare il 19% per importi superiori a 129 euro, ma con un tetto di 387 è già una cosa ridicola per chi fa la denuncia dei redditi, inutile per chi sta sotto 15mila euro di Isee.
Senza contare che, di solito, chi possiede cani che costano da 7/800 fino ad oltre 2/3mila euro l’uno non sa nemmeno cosa sia un Isee. Definire anche solo questo aspetto sarebbe un bel passo avanti.
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