Attualità
Duecento pale eoliche aleggiano sull'Umbria. Alte oltre 200 metri l’una, in media. Sono tali e tanti i progetti presentati su tutto il territorio del Cuore verde, censiti dall’assessore regionale all’Ambiente Thomas De Luca. Erano 104 nel novembre 2024. Dopo un anno si arriva a 200. Un numero monstre che in alcuni punti rischia di stravolgere ambiente e paesaggio. Ma all’eolico, per attuare la transizione energetica, non si può rinunciare. Servono regole certe, per tutelare le zone a rischio.
“Si tratta di duecento aerogeneratori che in parte si sovrappongono, sono cioè in alcuni casi concentrati sulle stesse aree. Il dato risale al momento dell’insediamento della giunta quindi ora gli impianti potrebbero essere addirittura aumentati. Per questo è fondamentale il ddl sulle aree idonee che abbiamo presentato e che dovrà essere approvato in consiglio in tempi brevi, si fissano dei criteri certi anche rispetto a una deregulation che in particolare sull’eolico vige a livello nazionale”.
Un passo indietro. Gli impianti eolici sono stati definiti da legge dello Stato di “interesse strategico nazionale”. Questo significa che il soggetto proponente, una volta ottenuta la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) positiva, può installare gli aerogeneratori anche espropriando i terreni.
Non finisce qui: a rendere più caotica la procedura, è un doppio binario che si biforca a seconda delle dimensioni. Per i parchi sopra i 30 megawatt i progetti sono esaminati dal MISE, sotto, percorso parallelo, la procedura è affidata alla Regione. Palazzo Donini punta a fissare alcuni paletti, su cui anche la commissione VIA nazionale dovrà ragionare. Come le 2.300 ore di producibilità minima in un anno, per evitare che si installino impianti non efficienti, e una bassa visibilità panoramica da stabilire dai luoghi turistici e dai siti con beni culturali.
Il ddl “Misure urgenti per la transizione energetica e la tutela del paesaggio umbro” è un provvedimento che mira a “conciliare l’accelerazione verso l’autonomia energetica con la salvaguardia del patrimonio paesaggistico e culturale, rispondendo all’obbligo di individuare le aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile, in ottemperanza al decreto legislativo 199/2021”.
L’obiettivo è approvarlo in assemblea legislativa entro settembre. Con questa nuova norma si punta a ottenere un quadro di chiarezza: fare impianti nelle aree idonee “sarà semplice, veloce e a rischio zero. Presentare progetti nelle aree non idonee sarà un rischio altissimo di bocciatura, prossimo alla certezza di veder andare in fumo il proprio investimento”, ha spiegato De Luca.
I 60 giorni che il Tar del Lazio ha dato a metà dello scorso maggio al governo per la correzione del decreto attuativo sono giunti al termine. Non sono arrivati segnali. In questo vuoto normativo l’Umbria continua ad essere bersaglio di centinaia di progetti eolici e fotovoltaici di grandi dimensioni in aree non idonee, fuori scala per il territorio.
Sull’Appennino, ad esempio, si concentrano progetti per 123 turbine, di cui 95 in Umbria. Da un minimo di 180 a un massimo di 236 metri di altezza l’una. Sono i dati ricavati dai documenti sottoposti a VIA pubblicati per la fase della consultazione, sia dai siti MASE che della Regione Umbria.
Le prime pale eoliche ad essere state messe in funzione, oltre un ventennio fa — ai tempi fra le più grandi d’Europa — fanno parte di due aerogeneratori da 750 kW a Fossato di Vico, due da 200 kW l’una a Foligno (Annifo). Altre due di potenza lievemente inferiore a 1 MW entrambi nel comune di Gubbio, denominati Cerrone e Castiglione Aldobrando, rispettivamente da 900 e 999 kW.
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