L'INTERVISTA
La guardi e hai la sensazione di avere davanti una persona serena. In equilibrio con sé stessa. Federica Moro, ex Miss Italia, è un volto noto della televisione italiana, ma oggi la sua vita non è sotto i riflettori, si è arricchita di nuovi capitoli legati all’arte e al design, all’amore per la natura, dalla passione per il trekking e per la bike. “Il mio è un equilibrio conquistato con un duro lavoro su me stessa - esordisce - Questa serenità l’ho ottenuta scegliendo di essere autentica. Decidere di non piacere a tutti è in fondo un atto di coraggio che ti rende libera”. Da Miss ad attrice, conduttrice televisiva, gallerista e un forte legame con la cultura umbra, in particolare con Foligno e la sua Giostra della Quintana. Al Corriere, Federica racconta così la sua storia fatta di scelte, passioni e continui bilanci tra passato e futuro.
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- Oggi si occupa di arte e vive a Lugano? È una nuova vita o un proseguimento della sua storia personale?
Con mio marito vivo in Svizzera, un posto tranquillo, con tanto verde, mi piace camminare e andare in bicicletta in una città accogliente. Sì mi occupo di arte e collaboro con una galleria con sedi in Italia e all’estero. L’arte e il design sono passioni che nel tempo sono diventate professione. Questa dimensione convive con la mia “prima vita” davanti alle telecamere, e trovo bello questo equilibrio.
- Guardando indietro, cosa pensa della Federica che vinse Miss Italia?
Sono cambiati tanti aspetti: la società, la televisione, il modo di raccontare. Ma porto dentro quella ragazza timida, spontanea e pura, che col tempo ha imparato ad aprirsi. Una parte di lei è ancora qui, e spero non mi abbandoni mai.
- In interviste passate emerge che sua sorella ha avuto un ruolo nella sua carriera...
Sì, senza di lei forse non sarei diventata Miss Italia. I miei genitori erano contrari, ma lei mi ha convinto a partecipare, sostenendomi in tutto.
- In redazione l’abbiamo vista con la “penna verde del direttore”. Lo ha sentito come un onore o un peso fare la direttrice per un giorno del Gruppo Corriere?
Entrambi. È una penna simbolica, affidatami con fiducia. Mi ha emozionata, in realtà temevo di perderla! Ho guidato la riunione come una direttrice d’orchestra, perché una redazione è proprio un’orchestra da armonizzare.
- Da decenni madrina della Giostra della Quintana. Com’è nato il tuo legame con Foligno e con l’Umbria?
È un legame fortissimo che dura da quasi vent’anni. Conoscevo già l’Umbria da ragazza, abitando a Roma venivo spesso in questa terra che ho subito amato, mi fermavo a Perugia, Spoleto, Spello, Foligno. Tra le tante bellezze e tradizioni, la Quintana mi ha rapita: un’immersione nel Barocco, nei costumi, nei banchetti e nelle gare. Un’esperienza sensoriale che coinvolge cuore e vista. Da allora non ho più smesso di sentirmi parte di questa festa.
- Si sente ormai una folignate d’adozione?
Assolutamente sì. Conosco molti cittadini, amici nei rioni, e il mio debutto è stato come dama del rione Croce Bianca.
- Qual è il suo rapporto con i dieci rioni? Rivalità o affetto?
All’inizio un po’ di rivalità, soprattutto con il rione Giotti, rivale storico del Croce Bianca. Ma conoscendo le persone è nato un affetto sincero. Ogni rione ha un’anima unica e oggi, da madrina, mi sento super partes.
- Ci racconti un aneddoto legato alla Quintana?
Una volta, durante il corteo, si ruppe la zeppa della mia scarpa. Non potevo fermarmi, così camminai sulla punta del piede per chilometri finché qualcuno la sistemò con lo scotch. Più che una dama, ero una sopravvissuta!
- Un’altra storia inedita...dai...
Durante un’estate molto calda, fui invitata da Italo Tomassoni, critico d’arte, a una presentazione al museo Burri di Città di Castello. Accettai con entusiasmo, a patto di tornare in tempo a Foligno per partecipare al corteo della Quintana. Tuttavia, l’evento subì vari ritardi e rischai di non farcela. Dopo vari tentativi falliti di trovare un passaggio, fui infine “salvata” da un amico che mi riportò a Foligno a bordo di un’Ape, tra il caldo e la corsa contro il tempo. Riuscii ad arrivare giusto in tempo per la vestizione. Un aneddoto che racconta lo spirito frenetico e appassionato della Quintana.
- Ha altri legami con l’Umbria?
Sì, mio fratello vive qui immerso nella natura. E ogni volta che vengo scopro un angolo nuovo di questa terra riservata, elegante e piena di storia e spiritualità.
- C’è qualcosa che migliorerebbe di questa regione?
I trasporti: è una regione bellissima ma poco collegata. Questo può essere un limite per chi viene da fuori, anche se contribuisce al suo fascino esclusivo.
- Qual è il piatto umbro che ama di più?
La scafata, una zuppa tipica che adoro gustare. Amo mangiare sano e qui c’è una grande varietà di prodotti autentici e genuini.
- Come ha gestito il passaggio dal mondo dello spettacolo a una carriera più matura?
Ho cercato sempre un equilibrio. Dopo Miss Italia ero in Rai ogni giorno, alternando scuola e lavoro. Questa disciplina mi aiuta ancora oggi.
- Ha lavorato con Adriano Celentano. Che ricordi ha di quell’esordio?
È stato emozionante. Lui mi scelse personalmente. Citava spesso i suoi film, ma io non li avevo visti e rimanevo in silenzio! Mi disse: “Sai con chi stai lavorando?”. Non lo dimenticherò mai. La recitazione è stata la mia prima passione perché puoi entrare ogni volta nei panni di persone diverse, ma la conduzione ha un’altra forza, perché sei tu, autentica, in contatto diretto con il pubblico. Forse il futuro sarà un equilibrio tra entrambe.
- Si è mai trovata in difficoltà a gestire questa dualità?
No, perché la recitazione e la conduzione sono due modalità espressive differenti e portarle avanti entrambe non mi ha creato alcuna difficoltà.
- Come è cambiato il rapporto con i fan dall’epoca di Miss Italia ai social?
È cambiato radicalmente perché sono cambiati i tempi. Prima il rapporto con i fan era forte ma comunque meno diretto, meno invasivo oggi l’immediatezza dei social rende tutto troppo impattante. Io ho solo un profilo Instagram, ho scelto di avere un rapporto moderato con questi mezzi.
- Quanto è stata importante per lei mantenere coerenza e umiltà in un ambiente che premia l’apparenza?
Determinante. Il rispetto per sé stessi e per il proprio lavoro viene prima di tutto. La visibilità è un’opportunità, ma anche una trappola se non si resta fedeli a sé.
- Quali progetti sogna di realizzare nei prossimi anni?
Mi piacerebbe tornare a recitare, magari in cinema o teatro, e condurre programmi che parlino di arte, cultura e temi sociali.
- Un messaggio per chi la segue nel 2025?
Di non smettere mai di inseguire i propri sogni, di credere in sé stessi e di avere coraggio nell’essere autentici. La vera forza di una donna è questa, insieme al rispetto per la propria crescita personale, da cui nascono le vere trasformazioni.
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