Terni
I ragazzi di allora oggi ne hanno quasi 70, qualcuno anzi li ha anche superati. Sono alcuni degli amici di Sergio Secci, il ternano che a 24 anni, il 2 agosto giusto di 45 anni fa, trovò la morte alla stazione di Bologna, divenendo suo malgrado uno dei simboli dell’attentato terroristico più sanguinoso della storia della Repubblica. E i suoi genitori - Torquato e Lidia - hanno rappresentato per decenni la volontà, ostinata e probabilmente osteggiata da alcuni poteri deviati dello stesso Stato, di avere giustizia, sotto forma dell’individuazione degli esecutori materiali e dei mandanti di questa strage. Che alla fine ha visto alcune condanne e l’attribuzione della responsabilità a un mandante, sebbene postuma. Ma oggi, 45 anni dopo, è il ragazzo Sergio che vogliamo ricordare.
GIORGIO BRIGHI Oggi come del resto allora, Brighi accompagna le mattine dei ternani che ascoltano il suo “Mercatino” a Radio Galileo, che spesso diviene però una vera e propria piazza/punto d’incontro del territorio nell’etere. Quel 2 agosto 1980, però, Brighi non era in onda. “Ero in ferie, in vacanza a Pescara - ricorda il giornalista-conduttore - fresco eletto consigliere comunale (nelle file del Pci ndr). Quando seppi la notizia chiamai subito Maurizio Benvenuti per chiedere informazioni e sapere se fosse il caso che rientrassi subito a Terni. Mi disse invece che era rimbalzata da Bologna la notizia che tra i feriti gravi c’era anche Sergio Secci. Fu un colpo al cuore”.
Brighi apre il libro dei ricordi: “Sergio aveva fatto il liceo classico, come me, in un periodo in cui io ero considerato uno dei ‘facinorosi’ della scuola insieme ad altri amici, tra cui anche lui. Il mio ricordo è quello di una persona straordinaria, dai mille interessi e dalla grande curiosità di conoscere, di scoprire il mondo. Oggi noi consultiamo wikipedia se vogliamo sapere qualcosa di qualcuno, bé lui era una ‘wikipedia vivente’ all’epoca. Parlava tante lingue, era un grande conoscitore della Beat Generation americana, di cui importava i dischi dall’America e leggeva i poeti in lingua originale”. Secci spirerà dopo 5 giorni di una terribile agonia. “Seppi che l’esplosione lo aveva dilaniato in tutto il corpo, era sfigurato, non riusciva a parlare, per sapere come si chiamasse gli mostrarono delle lettere e lui, battendo gli occhi, riuscì a comunicare il suo nome”.
GIULIO CESARE PROIETTI Giornalista, anche lui amministratore pubblico ed esponente del Pci, Proietti fu la persona più vicina ai genitori di Sergio subito dopo la strage. “Il giorno dopo salii a Bologna insieme alla mamma, Lidia, e alla cognata, mentre Torquato partì subito in treno. Quando arrivammo mi raccontò che Sergio era ancora vivo ma aveva gran parte del corpo bruciato e l’unico modo in cui riusciva a comunicare era abbassando e alzando le palpebre. Così erano riusciti a capire come si chiamasse. Purtroppo dopo qualche giorno spirò”.
Proietti è stato molto vicino alla famiglia. “I soldi del risarcimento che gli venne riconosciuto, Torquato li investì nella Fondazione Sergio Secci che attribuisce borse di studio agli studenti all’ultimo anno delle superiori. Fu il primo presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime della strage di Bologna, che non ha mai smesso di impegnarsi per chiedere giustizia e verità, insieme a Lidia”. A Torquato è stata intitolata la sala d’aspetto della stazione di Bologna, a Sergio un’ala del Dams e, proprio in occasione del 45esimo anniversario della strage, una piazza a Bologna.
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