Il caso
Sciamani e guaritori ancora in azione
Truffa aggravata in concorso e morte come conseguenza di altro reato: sono queste le accuse contestate anche ad una 40enne ternana che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, si faceva passare per sciamana insieme ad altri due complici. E, vantando presunti poteri soprannaturali, il terzetto si era imbattuto in un uomo di 46 anni, residente a Ravenna, che si trovava in una condizione di particolare fragilità.
L’uomo, infatti, era stato colpito, un paio di anni prima, da una forma di tumore molto rara ed aggressiva e, comprensibilmente, aveva cercato ogni strada per sfuggire al suo destino. E così, oltre alla medicina ufficiale, era diventato facile preda dei 3 indagati che, proprio in queste ore, hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagini dalla Procura della Repubblica di Ravenna. I tre lo avevano convinto ad affidarsi alle loro prestazioni, tutt’altro che gratuite, prospettandogli quelle che poi, secondo l’accusa, si sarebbero rivelate solo delle false speranze.
Purtroppo tutte le cure a cui il 46enne si era sottoposto non avevano dato alcun esito e, due anni fa, la malattia aveva finito per ucciderlo. Ma la mamma di Massimo Mariani, questo il suo nome, non si è mai data per vinta e ha deciso comunque di portare avanti una battaglia di civiltà in sua memoria affinché altre persone non si ritrovino nella stessa condizione del figlio.
Gabriella Sarti aveva raccontato la tragica storia di Massimo anche a Striscia la notizia. Ma non basta perché dopo la sua denuncia emerse anche un’altra storia analoga, quella di un bambino di Brescia, malato oncologico, che, a sua volta, si era imbattuto nei tre presunti guaritori e che, per fortuna, è ancora vivo. Una vicenda che poi ha avuto analoghi strascichi giudiziari, tuttora in corso.
Nel caso di Ravenna la Procura della Repubblica ha notificato la chiusura delle indagini. Oltre alla 40enne ternana ci sono altre due persone coinvolte: un uomo di 41 anni di Bologna, ritenuto il capo e la mente del gruppo in questione, ed un 47enne di Ferrara. Il pubblico ministero Francesco Coco ha ricostruito il loro modus operandi ravvisando le ipotesi di reato della truffa, per un importo calcolato in 20 mila euro, e della morte come conseguenza di altro reato. Gli indagati avranno ora la possibilità di depositare memorie difensive per contestare punto su punto, tramite i loro legali, le accuse contestate o anche di farsi interrogare per chiarire meglio le loro posizioni. Le indagini sul caso, coordinate dalla Procura, sono state condotte dai carabinieri della città romagnola.
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