Il caso
L'ospedale Santa Maria di Terni
Avrebbero diagnosticato in ritardo l'embolia polmonare ad un paziente che poi è morto in ospedale. Un comportamento che, secondo la ricostruzione della Corte dei conti dell'Umbria, avrebbe causato un danno erariale pari a 500 mila euro. Soldi sborsati dalla Regione per risarcire i parenti della vittima, per conto dell'Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, di cui i 4 medici erano dipendenti all'epoca dei fatti. Ora la magistratura contabile ha definito la posizione di uno dei 4 che aveva scelto di pagare immediatamente il debito pro quota, ma in misura ridotta.
I fatti risalgono al 30 settembre di 11 anni fa quando uno dei medici coinvolti, “in qualità di primo operatore, esegue un intervento di nefroureterectomia, per neoplasia del rene, presso il Reparto di Urologia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni”. Tre giorni dopo il paziente accusa una crisi di tachicardia associata a sudorazione fredda e così viene sottoposto ad elettrocardiogramma ed ossigenoterapia. Il giorno seguente “viene effettuata una consulenza internistica da parte del dottore ... che consigliava la somministrazione di un diverso farmaco per l'ipertensione”. Il 5 ottobre, però, lo stesso paziente presenta “una nuova crisi di sudorazione algida, tachipnea, malessere generale ed ipertensione”. Grazie alla somministrazione di un diuretico la pressione torna a valori normali, ma il 7 ottobre viene rilevata “una lieve dispnea, trattata nell'immediato con ossigenoterapia e diuretici”.
A quel punto i medici sottopongono il paziente a nuovi esami d'urgenza, prima una Tc torace e poi un eco-color doppler da cui emerge la presenza di “un’embolia polmonare bilaterale ed una trombosi bilaterale delle vene muscolari delle gambe”. Poco dopo il paziente va in arresto cardiaco e i soccorsi purtroppo si rivelavano inutili. Segue un contenzioso in sede civile tra gli eredi e l'Azienda ospedaliera che viene però risolto con il pagamento, in via stragiudiziale, di una somma pari a mezzo milione di euro. La Procura erariale ritiene censurabile la condotta dei sanitari che “avevano valutato il paziente nel periodo post-operatorio dal 3 sino al 6 ottobre del 2014, sulla base della Ctu del giudizio civile, dalla quale emergeva una condotta gravemente omissiva, imperita, imprudente e negligente da cui era conseguito un ritardo diagnostico che aveva influito significativamente nel determinismo del decesso del paziente, posto che soltanto in data 7 ottobre, era stata diagnosticata la problematica, quando ormai era troppo tardi per evitare il decesso”.
L’illecito erariale, nella misura di 125 mila euro ciascuno, è stato attribuito al direttore pro tempore della Struttura complessa di Urologia, ma anche a due urologi dirigenti medici ed al consulente medico internista. Uno dei quattro, con parere favorevole della Procura, ha chiesto di definire la causa con il rito abbreviato pagando subito alla Regione dell’Umbria la somma di 37.500 euro, pari al 30% della quota di danno addebitata nell’atto di citazione. Il collegio giudicante ora ha accolto l'istanza. La sentenza è stata pronunciata dalla sezione giurisdizionale per la regione Umbria della Corte dei conti, composta dal presidente Giuseppe De Rosa, Giusepppe Vicanolo ed Elisabetta Conte, come relatore.
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