Gubbio
Sandreani con Giammarioli e Simoni (foto Panfili)
Il parcheggio del Barbetti insolitamente pieno. Come non capitava da tempo. Qualcuno pensa a un'evento nei dintorni e si chiede cosa può esserci. In realtà la questione è molto più semplice. Non si trova posto nelle vicinanze dello stadio perché gioca il Gubbio. Ma non è la prima squadra di Fontana che ha ormai terminato il campionato dopo la sconfitta al primo turno playoff con l’Arezzo. In campo c’è la prima formazione giovanile. Il Gubbio di Sandreani che disputa la finale d’andata del campionato Primavera 3 contro il Catanzaro. Fuori dai cancelli uno striscione ricorda la bandiera Cerafischi deceduto improvvisamente venerdì mattina. Dentro il terreno di gioco un’altra bandiera, Ale Sandreani, che da allenatore ha saputo riportare, con i suoi ragazzi, tanta gente allo stadio.
Diciamoci la verità, arrivare con un pizzico di ritardo e non trovare il posto auto, alzare lo sguardo e vedere la tribuna quasi piena, quanti potevano immaginarselo? Più di 600 persone. E poi cori, canti, incitamento, fumogeni e festa finale dopo l’1-0 al Catanzaro che fa sognare una storica promozione nel campionato Primavera 2. Tranne casi eccezionali, cose d’altri tempi. Il tifo compatto in un settore (a proposito potrebbe essere un’idea anche per la squadra maggiore come si fa in altri stadi e in altre realtà), calore e trasporto che, alla fine, hanno avuto il loro peso sulla vittoria dei giovanotti rossoblù. Altro che la nuova curva che non arriva mai, perché non concentrare il tifo in un unico settore?
Ma al di là di questo, c’è da chiedersi come mai una realtà giovanile, seppur in una gara importante, sia riuscita ad avere più appeal e affetto della prima squadra? Non è una domanda banale, anche perché il Gubbio gioca in C, la terza serie dei campionati italiani, piccola realtà tra grandi, a volte grandissimi club. Eppure, il trasporto di un tempo non c’è più, e per rivedere entusiasmo e il proverbiale calore eugubino bisogna andare a guardarsi la Primavera 3.
Effetto Sandreani? Certo, Gubbio non dimentica gli 11 anni in rossoblù, le oltre 400 presenze e le 8 stagioni da capitano del centrocampista cantianese, sempre molto legato alla città e alla maglia che ha indossato una vita. Ma c’è pure altro. Quanto accaduto sabato testimonia come forte sia la voglia di calcio e quanto Gubbio sia legata a doppio filo alla sua squadra. Il fuoco cova (forte) sotto la cenere. Ma va riportato in superficie. Ditelo a Sandreani come si fa…
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