Calcio serie C
Gemello in redazione riceve i premi come miglior biancorosso
Il portiere assomiglia a un supereroe. La solitudine e il coraggio, una sana follia che si avvicina all’incoscienza e nessuna rete di salvataggio. Luca Gemello racchiude molto di tutto questo. Accompagnato dalla fidanzata Federica e dall’addetto stampa del Perugia Calcio, Francesco Baldoni, ieri il numero uno è stato ospite del Corriere dell’Umbria, accolto dal direttore, Sergio Casagrande, e dalla redazione, per ritirare il premio ‘Il Miglior Biancorosso 2024/25’, stilato attraverso le medie voto delle pagelle del nostro giornale.
Gemello si è raccontato con una personalità grintosa e una visione lucida e onesta di quella che è stata l’annata del Perugia. Con la battuta sempre pronta, anche quando si è trattato di svelare come il compagno di reparto Albertoni scherzasse sul fatto che il premio gli spettasse vista media più alta (6,33 ma con sole 3 presenze) rispetto al 6,07 nelle 35 gare giocate dal numero uno. La chiacchierata sincera con la redazione sportiva è stata accesa dagli occhi di Gemello, illuminati da un evidente desiderio di rivalsa.
- Si sente il miglior biancorosso?
È un premio che apprezzo e mi prendo volentieri, però è strano sentirselo dire dopo un campionato quasi da dimenticare. C'è qualcosa di buono da prendere, da gennaio abbiamo tutti fatto una stagione da 6, ci siamo salvati e a un certo punto la cosa non era più scontata. Comunque non mi sento il migliore perché non siamo arrivati ai playoff e non posso sentirmi soddisfatto.
- Sotto il profilo personale come valuta la sua stagione?
Credo di aver dato una risposta dopo i primi mesi complicati in cui non ho trasmesso la sicurezza che credevo, pensavo fosse tutto più automatico.
- Da cosa sono dipese le difficoltà iniziali?
In parte perché venivo da un periodo in cui avevo giocato poco e le distanze cambiano, ma non è solo questo. Reduce dalla Serie A, nonostante fossi arrivato in una piazza come Perugia in cui la società ti mette a diposizione tutto, sono tornato in C e non ho focalizzato subito dove mi trovassi, forse la mia testa non era settata su questo tipo di campionato. Quindi le difficoltà le associo più a un fattore mentale.
- Quanto ha inciso dover giocare con una linea difensiva fatta di ragazzi alle prime armi?
L’ho capito dopo. Vedendo il lavoro settimanale ero tranquillo, pensando che se la società e il mister avessero scelto certi calciatori è perché hanno qualità. E infatti alcuni faranno una buona carriera. Il problema è stato che, insieme al sottoscritto, siamo stati messi in campo in un contesto complicato. All’esordio a Piancastagnaio giocavamo con Amoran, alla prima partita tra i professionisti, insieme a Plaia e Viti. All’inizio io avevo la sana presunzione sportiva di vincere il campionato ed ero convinto che il Perugia potesse fare bene. Poi c’è la realtà di una Serie C che è tosta, in cui ci sono attaccanti che mentalmente, più che tecnicamente, ti possono mangiare in testa. Dopo le prime gare si è quindi capito quando fosse importante avere un pilastro come Angella, o Dell’Orco, un faro che alleggerisce il peso della prestazione. È un aspetto che vale anche in Serie A e nello sport in generale. Per questo è importante per i giovani poi diventare un pilastro: penso a me stesso o a Giraudo che ha già dimostrato di poter essere una figura così.
- Ma il reale valore della squadra qual era?
Sicuramente valeva più di quanto fatto. Non so se si poteva ripetere il quarto posto dell’anno precedente, che avrei preso molto volentieri per giocarci poi dei playoff interessanti. Siamo stati molto presuntuosi all’inizio: dopo una bella prestazione, la giornata successiva siamo saliti su un’altalena che ci ha giocato brutti scherzi. Mister Cangelosi ci ha liberato la testa, ci ha dato il diritto di essere arroccati dietro per portare a casa il risultato. In una stagione così complicata è stato fondamentale trovare la via della concretezza per mettere al sicuro la classifica. Di sicuro questa squadra, con tutti gli evidenti limiti, poteva però dare molto di più.
- Crede che abbia inciso il cambio di proprietà a settembre?
Per quanto mi dicessi sempre che conta il campo, inconsciamente è un aspetto che può averci condizionato. Ci sono stati tanti cambiamenti: la società, i dirigenti, gli allenatori. Non è un alibi, perché non stavamo facendo bene nemmeno prima, comunque non è stato un aiuto.
- La parata più bella?
“La mia preferita è quella in casa contro il Gubbio. La più importante nel derby di Terni al 92’”.
- Il suo futuro è a Perugia?
Ho un contratto fino al 2027 e qui ho un lavoro da finire e ho dei tifosi da conquistare. È logico che dopo una stagione così nessuno può ritenersi certo della permanenza. Non ho ancora parlato con la società, ma se vorranno continuare insieme sono il primo ad essere contento.
- Con quali obiettivi?
Giugliarelli mi ha portato qua per un percorso che prevede di salire di categoria insieme al Perugia e ora credo alle parole di Meluso: mi danno fiducia per il prossimo anno, o per il 2027.
- Cosa significa ripartire con Cangelosi in panchina?
Tutte le squadre hanno bisogno di idee predefinite che consentano poi ai singoli di esprimersi individualmente. Serve una base che spero il mister possa darci.
- Quali sono le doti principali di Cangelosi?
È calmo e pragmatico, non dice mai una parola di troppo. Ciò che serve dice e ciò che serve fa. Toglie il superfluo. Ogni settimana arrivano mille input e Cangelosi cerca di sintetizzare tutto con praticità. In più ha un rapporto molto scherzoso con i giocatori, cosa che non traspare dalle interviste.
- Voi portieri siete una squadra nella squadra: com’è il gruppo di lavoro con il preparatore Greco?
Penso che abbiamo fatto un buon lavoro e credo che il merito della mia crescita sia del mister. Lavora sui dettagli e con strumenti diversi come le luci, o palle da rugby e da tennis. In Serie C sono pochi che lavorano come Greco, è un pazzo sgravato, scrivetelo pure (ride, ndr) ma molto ambizioso e ci sto molto bene. Il portiere in campo deve essere così. Sia io che Albertoni in lui abbiamo trovato delle certezze.
- I suoi idoli?
Da piccolo Dida. Ora guardo a portieri con il fisico simile al mio e i punti di riferimento sono Sommer e Maignan.
- Il suo rapporto con i social?
Bella domanda. Ho fatto qualche gaffe, però mi piace interagire, e adesso anche mostrare la mia vita fuori dal campo qui in Umbria. Non sono però dipendente dai commenti. Sono in pace. È uno strumento particolare, va preso tutto con le pinze e bisogna essere moderati.
- Chi vince i playoff?
Pensavo mi avreste chiesto chi fanno Papa (sorride, ndr). A parte gli scherzi, dico Vicenza: perché è la squadra che è andata più vicino al primo posto e con l’organico maggiormente completo.
- Quali sono i suoi obiettivi a lungo termine?
Vorrei giocare di nuovo in Serie A. Prima però vorrei tornare in B con il Perugia.
Come miglior biancorosso della stagione, insieme alla targa del Corriere dell'Umbria, Luca Gemello si è portato a casa un premio speciale che lo radicalizza maggiormente nella sua nuova terra di lavoro.
Al portiere 24enne, originario di Fossano (Cuneo), è andato infatti un cesto offerto da 'La Carneria' di Spina di Marsciano, una "giovane” macelleria artigianale che da 7 anni lavora sul territorio per la realizzazione di prodotti a chilometri zero, senza conservanti, della tradizione umbra, sempre alla ricerca della massima qualità.
Nel cesto consegnato al portiere biancorosso c’erano, tra le altre cose, un capocollo, un lonzino, salsicce secce, un salame e altri prodotti artigianali della zona. Gemello, oltre ad apprezzare particolarmente il premio, è apparso curioso e interessato alla storia dell’azienda.
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