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Da qualche anno, girando per la città e la prima periferia abbiamo visto spuntare una pista rossa dietro l'una l'altra, col simbolo della bici e del pedone disegnato in terra. Ciclopedonali? Benissimo, è stata la riflessione, stiamo diventando una città moderna, ecologica, senza auto, senza inquinamento eccetera…
Purtroppo non era così. Le ciclabili sembrano quasi tutte progettate e realizzate con una strana concezione: non si sa quale pubblico dovrebbero servire (mobilità interna, agonisti, amatori?), non si capisce perché cominciano dove capita, senza raccordi con alcunché (un'altra strada, un ponte, un sottopasso, una piazza) ed a maggior ragione perché finiscono all'improvviso, in un campo o contro una ringhiera. Peggio ancora per quelle più lunghe, a Ponte San Giovanni, in via Penna ed a Ponte Felcino, che potrebbero ben rappresentare il simbolo massimo dello spreco di risorse.
Finanziamenti a spot un problema noto
Questo argomento, in verità, era già emerso improvvisamente a febbraio, durante una assemblea pubblica svolta all'Ottagono per parlare di Brt, per bocca dell'assessore alla mobilità Pierluigi Vossi, che non aveva certo usato perifrasi: “Le ciclopedonali non funzionano perché sono state fatte a caso, un pezzo qua e uno là, senza logica, solo per sfruttare finanziamenti a spot. Non sono collegate tra di loro, per questo dovremo fare un lungo lavoro di ricucitura”.
Un mese dopo, durante un convegno di Legambiente, il presidente della sezione regionale, Maurizio Zara, aveva ancor più concretamente acceso un faro su questo punto: “Quante sono le ciclabili a Perugia? Qui si può conteggiare tutto e il contrario di tutto, perché piste, corsie, tracciati nelle aree verdi e ciclopedonali vere e proprie sono cose diverse tra loro. L'Istat ne censisce 41 km su un obiettivo di 80, ma sono dati tutti da verificare”.
In effetti, chi usa la bici e si occupa (anche) di questo dato specifico (come la Fiab Perugia Pedala) considera i 41 km di ciclabili un numero del tutto fuori contesto e il fatto che a passare le informazioni all'Istat sia un ufficio di Palazzo dei Priori ci riporta alla casella di partenza.
Insomma, ci sarà da lavorare e soprattutto da mettere a punto un “Biciplan”, cioè il piano della mobilità ciclistica di cui si devono dotare obbligatoriamente le città con più di 100.000 abitanti e che a Perugia non è stato mai redatto. E in questo contesto di pianificazione e “ricucitura”, come la chiama Vossi, è ovvio che sarà necessario servirsi di competenze specifiche, settoriali, al di là di quelle presenti a Palazzo dei Priori. In attesa di saperne di più, abbiamo fatto un giro tra città e dintorni per scoprire lo stato dell'arte.
Il record di Casenuove e la sbarra di San Sisto
Ammesso che ci si possa vantare di una cosa incomprensibile, Casenuove di Ponte della Pietra ha un record: una bellissima ciclopedonale che parte da un piazzale dinanzi due cancelli privati in via Fringuelli, taglia un campo, si blocca per bypassare via Manna, ritaglia di traverso un altro campo e finisce, stavolta definitivamente, dopo 160 metri.
Quanto a cose bizzarre, però, nessuno batte la pista di San Sisto, lato Pievaiola, per l'esattezza in via don Alberto Seri, accanto alla chiesa di Sant'Andrea delle Fratte.
È pronta da un anno, ma non è stata mai inaugurata e forse sarà per questo che all'ingresso ci sono ancora una sbarra arrugginita che impedisce il passaggio, un tornello che sembra capitato lì per caso, tanto è inutile visti gli ampi spazi laterali per chi volesse entrare comunque, nonostante un cartello di divieto di transito “eccetto autorizzati”. Chi saranno gli autorizzati che possono andare in bici su una ciclopedonale resta un fantastico mistero.
Risalendo verso Fontivegge l'asfalto rosso sbuca a sorpresa anche nel parcheggio dei palazzi Fioroni, sulla Pievaiola, proprio sotto il viadotto del Minimetro. Sarebbe il prosieguo della ciclopedonale che arriva dal parco Chico Mendez, in direzione Fontivegge, ma anche questa, al momento, si infila in una specie di trincea e finisce (letteralmente) in zona cantiere Metrobus. Col muro della stazione davanti, auto a sinistra, auto a destra.
Le corsie nelle zone industriali
Su tre percorsi ci deve essere dietro sicuramente la stessa mano. Il primo, a Ponte San Giovanni sul lato sinistro di via Benucci, il “decumano” della zona Industriale, arriva di punto in bianco, lungo la carreggiata, poco dopo il Park Hotel. In pratica per entrare in pista bisogna per forza attraversare una delle vie a più alta densità del Ponte, in un tratto dove fanno fatica ad immettersi anche le auto. La ciclopedonale finisce dopo 1.400 metri, all'altezza di via Mercalli, davanti alla rotatoria che va verso Balanzano e Torgiano. Il tutto, anche volendo fare una sana (?) pedalata in mezzo al traffico, anche pesante, comprende una ventina di interruzioni incrociano almeno venti ingressi di altrettante attività commerciali e strade laterali. Stop & go, si direbbe.
Con un salto mortale di qualche chilometro torniamo a San Sisto, in via Penna, dove l'attuale inutilizzata ciclopedonale lunga 1.200 metri, che finiva in strada delle Fratte contro un palo e tre centraline dell'energie elettrica, sta scomparendo sotto i colpi delle benne che preparano la corsia preferenziale del Brt.
Nessuno, esattamente come in via Benucci si è mai sognato di pedalare respirano i gas di scarico degli autotreni, che qui sono di casa, oppure frenare, fermarsi e ripartire ad ogni incrocio o evitare le auto in sosta, oltre a quelle in fila per entrare dentro l'isola ecologica della Gesenu.
Il progetto del Metrobus prevede la presenza di molte ciclopedonali perché all'interno delle stazioni ci saranno parcheggi di scambi per le bici. Sembra uno scherzo: chi va a prendere il bus con la bici?
Chiudiamo questo capitolo con via Val di Rocco, dove la “striscia rossa “ di 900 metri che parte dalla pineta (chiusa) di Ponte Felcino è quantomeno bella da vedersi, immersa nel verde, ma non ha alcuna logica. Infatti finisce inopinatamente in un incrocio, dal quale si può provare l'ebbrezza di proseguire dentro un campo, andare a sinistra, su strada con le auto, verso un piccolo quartiere già raggiungibile più facilmente dalla ciclopedonale del Tevere, oppure buttarsi in mezzo al traffico verso la rotatoria che porta alla zona industriale e alla E45. Questa pista, costata 500 mila euro, è rialzata come fosse un marciapiedi, il che è contro la logica e la sicurezza, ed è pure ben illuminata fino a tarda notte, pur non essendo frequentata ed avendo già a disposizione i lampioni della strada della Molinella che la costeggia.
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