perugia
In conferenza stampa, da destra il procuratore, Raffaele Cantone, l'aggiunto, Giuseppe Petrazzini e il capo della squadra mobile, Maria Assunta Ghizzoni
L’agghiacciante sequenza del suicidio di Andrea Prospero, avvenuto in diretta in una chat Telegram, è scandita, minuto per minuto, da messaggi disumani che tratteggiano quella che sembra essere una volontà di far male per il gusto stesso di far male. O, forse ancor peggio, per la noncuranza del male. Disumane sono le frasi terribili di incitamento e incoraggiamento al suicidio. Disumano è il modo in cui, dopo che Andrea aveva ingoiato qualcosa come una ventina di pasticche tra ossicodone e Xanax, gli viene detto che sarebbe morto in cinque minuti. Disumana è la decisione di non chiamare i soccorsi e lasciar morire un ragazzo di 19 anni.
In termini giuridici, quel che è accaduto in questa chat si traduce nell’accusa di istigazione e aiuto al suicidio. Il reato di cui deve rispondere il non ancora 19enne romano, arrestato all’alba di ieri mattina dalla polizia di Perugia. A lui, gli agenti della squadra mobile e della polizia postale - coordinati dal procuratore capo, Raffaele Cantone e dall’Aggiunto, Giuseppe Petrazzini - sono arrivati proprio grazie alla chat dell’orrore, rimasta integra in uno dei telefoni cellulari ritrovati nel monolocale di via del Prospetto il 29 gennaio dove, cinque giorni dopo la denuncia di scomparsa da parte della sorella gemella Anna, Andrea era stato trovato morto.
E di questa eventualità, il 18enne ai domiciliari, era terrorizzato. E’ una delle ultime cose che Andrea ha letto prima di perdere i sensi e poi morire. “Fra, i telefoni, hai tutto, mi bustano a me, aprono il telefono, tg (Telegram, ndr)”.
Andrea gli risponde, “no tranquillo non ho foto salvate”. Poi più nulla. Sono le 12.51. Una decina di minuti prima aveva assicurato alla sorella gemella che l’avrebbe raggiunta a mensa di lì a poco per pranzare insieme. Alle 12.52 nel canale Telegram, il 18enne arrestato, fa entrare un altro ragazzo e gli scrive “parla con un morto”. Alle 13.26 aggiunge “E’ morto davvero”. Solo alle 14.34 si fa prendere da quel che sembra essere un rimorso: “Chiamiamo un’ambulanza?”, ma l’altro risponde, “con il tuo telefono?”. In realtà non prendono nemmeno in considerazione questa ipotesi, il 18enne ai domiciliari gli chiede se può farlo dal cellulare di un compagno di scuola, ma lui gli risponde che non è più in classe. E allora, tra una bestemmia e un’offesa, il problema principe torna a essere quello di non essere scoperti “se lo trovano con il cel e tutto?”. Disumani. La mobile di Perugia alla guida del primo dirigente, Maria Assunta Ghizzoni e la polizia postale, diretta dal vice questore, Michela Sambuchi, non si fermano qui e se il 18enne è ai domiciliari, adesso la caccia è al terzo utente, che si è reso conto di tutto, ma non ha fatto nulla per salvare il giovane.
Andrea che, emerge dalle drammatiche chat agli atti dell’indagine, aveva maturato un proposito suicida già a fine settembre, prima di arrivare all’università a Perugia. Perché, ha “confessato” lui stesso a chatGpt in cerca di informazioni sui farmaci, e al 18enne arrestato, conosciuto su un’app un paio di anni fa, non voleva proseguire gli studi qui.
Il 25 settembre scorso, parlando con il ragazzo finito ai domiciliari, Andrea diceva che stava pensando di prendere una glock, ma aveva paura di sentire dolore. Era terrorizzato dall’idea della sofferenza. E anche da quella della possibilità che il tentativo andasse a vuoto. Ed è qui che il 18enne romano gli indica la strada: “Due pasticche di Oxy e stai a posto, prima di morire stai in paradiso, con 160 mg di Oxy è certo che muori, ma almeno ti diverti tantissimo prima di morire”.
Il giovane quindi, è la tesi del giudice per le indagini preliminari Margherita Amodeo, sapeva benissimo cosa stava facendo assecondando e incitando il ragazzo a scegliere un modo per uccidersi. Sapeva cosa sarebbe potuto accadere. Nel frattempo il proposito di Andrea si fortifica. Affitta quel monolocale forse perché, come lui stesso ha detto, non stava bene all’ostello. Ma non stava bene nemmeno altrove. Soffriva di ansia, aveva problemi a stare in mezzo alle persone e non voleva continuare l’università a Perugia. Ma non sapeva come dirlo ai genitori. E per stare meglio, come emerso dall’analisi dei suoi capelli, prendeva già Xanax e ossicodone. Ma a un certo punto, secondo gli inquirenti il giorno preciso sarebbe quello dell’8 gennaio, Andrea inizia a fare ricerche su chatGpt sul suicidio con ossicodone e Xanax. Come in effetti accade il 24 gennaio, il giorno stesso della scomparsa dello studente di Lanciano. Quella mattina Andrea, che nel frattempo in alcune chat telegram ha reperito i farmaci, va a ritirare un pacco in centro. Dentro ci sono sette pasticche di Oxycontin, 170 mg, esattamente quanto indicato dal 18enne romano. Glielo ha venduto, secondo le indagini, un altro 18enne, residente ad Afragola (Napoli): ieri mattina i poliziotti lo hanno perquisito e in casa sua hanno trovato 14 mila euro in contanti. E’ accusato di spaccio. Lo Xanax, con le stesse modalità, Andrea lo aveva già ritirato il giorno prima.
Il 24 gennaio alle 12.16 il giovane ai domiciliari - che ha precedenti per spaccio e porto di oggetti atti a offendere - gli chiede se è “arrivato l’Oxy”. E’ l’inizio della fine. Nei 35 minuti successivi succede l’irreparabile. Si materializza con modi spaventosi. “Mangia tutte e 7 le pasticche” gli dice il 18enne. Forse in quel momento avrebbe potuto persuadere Andrea e metterlo in salvo. Il ragazzo infatti si schernisce. Ma il giovane arrestato insiste, “ce la puoi fare, ammazzati”. Lo studente arriva addirittura a chiedergli “più incoraggiamento”. Che, con frasi brutali, il 18enne, purtroppo, non fa mancare: “Se vuoi ammazzarti fallo senza fare scene, mangia tutto senza togliere la plastica” gli scrive in risposta alla foto del blister di ossicodone che Andrea ha sulle gambe. “Beviti una bottiglia di vino così muori. Cinque minuti e svieni”. E la morte, una morte assurda e soprattutto evitabile, arriva, in diretta. Circondata da disumanità senza fine.
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