CRONACA
“Quale screzio può aver avuto con mio marito? Cosa può esserci mai stato per arrivare a compiere un gesto così?”. Sono interrogativi che assillano Graziella, moglie di Salvatore Postiglione, il capomastro 56enne ucciso con 13 coltellate all’alba di giovedì 7 novembre in via La Louviére a Foligno. Già scossa per la perdita e sconvolta per il brutale delitto che le ha strappato il padre dei suoi figli, la vedova, assistita dagli avvocati Alberto Maria e Lucrezia Onori, fatica a trovare anche la pur minima, irrilevante, motivazione che possa aver spinto qualcuno a chiudere per sempre gli occhi a suo marito.
Tanto più alla scoperta che ad armarsi di coltello quella mattina possa essere stato un ragazzo di 17 anni che lei, come racconta, sapeva a malapena chi fosse. “Sono rimasta allibita dal fatto che sia stato un minorenne – racconta – mi sono detta ma come? Da dove è uscito? Sono scioccata, tutto avrei potuto pensare tranne che a un ragazzino”. Di quel giovane, infatti, la vedova di Postiglione sapeva poco o nulla. “Ero al corrente che c’era un ragazzo che era in prova - racconta – ma non conoscevo né il nome né di quale nazionalità fosse. Perfettamente niente. Sapevo solo che era minorenne, che era in prova e neppure da qualche mese, ma da pochi giorni”. Ragazzo che per altro non sarebbe stato impiegato nella stessa ditta, ma in un’altra impresa edile che collabora con quella del capomastro. E di possibili dissapori tra i due neanche l’ombra.
“Ci stava da poco tempo, che screzio poteva avere con mio marito? – dice – Ci sono stati problemi con degli operai, ma di poco conto, e di questo ragazzo non ha mai parlato. Mi aveva detto che c’era un giovane nuovo, in prova, ma finiva lì. Non avrebbe mai potuto parlare male di questa persona perché era proprio da poco che era lì. Inoltre – aggiunge – se c’erano discussioni o disguidi con gli operai mio marito me lo diceva quando tornava a casa. Si ragionava, parlavamo un po’, ma di questa persona zero. Per questo quando è uscito fuori sono rimasta sconvolta. Che cosa poteva esserci? Era da poco tempo che ci lavorava, che cosa è potuto succedere di così grave da arrivare a fare questo? Ci penso tutte le sere. Può essere stato così bravo a nascondere qualcosa? Io solo guardandolo in faccia sapevo se mi mentiva”.
Non può spiegarsi quale possa essere stato il movente dell’assassino. Non c’era nulla che potesse suggerire malcontenti, dissapori, tanto meno dissidi tali da poter lasciare anche solo lontanamente immaginare che il capomastro avrebbe potuto incontrare la morte in questo modo. Così brutale. La vita di Postiglione è lì, sotto i suoi occhi, limpida, fatta di una routine che non include altro al di fuori del lavoro in cantiere e, al ritorno, del tempo trascorso con la moglie e con i figli. “Dopo il lavoro tornava sempre a casa. - racconta - Qui in Umbria siamo soli, non abbiamo parenti, non abbiamo nessuno. Non usciva con amici, ad esempio, con nessuno”. Difficile, se non impossibile, per la vedova, riuscire anche solo tentare di farsi un’idea su quanto accaduto. “Non usciva ad esempio a prendersi un caffè, altrimenti avrei potuto pensare ad esempio che fosse successo qualcosa fuori da un bar. Tornava a casa e finiva lì la giornata. Oltre al lavoro non faceva altro, e in cantiere stava solo con gli operai”.
Se il movente dell’assassino per la vedova è un gigantesco punto interrogativo, di certo, per la donna, c’è che quella mattina Postiglione non era arrivato in anticipo in via La Louviére: “E’ uscito allo stesso orario in cui usciva tutte le mattine, né un quarto d’ora prima né dopo - racconta - partiva, passava ai Canapé e andava ad aspettare tutti gli operai, che si riunivano lì, formavano la squadra e poi partivano. Poi dipendeva da dove andavano a lavorare, perché se dovevano raggiungere un cantiere più lontano partivano prima”. L’unica differenza di quella mattina era la destinazione della comitiva, ovvero una visita per l’idoneità lavorativa, che avrebbe atteso solo i dipendenti della ditta in cui era impiegato Postiglione e non anche i colleghi dell’altra impresa, nella quale, come emerso, aveva lavorato il 17enne.
Ora la vedova confida di poter ricevere presto le risposte ai suoi interrogativi, risposte che non riesce a trovare ripercorrendo la vita del marito, interrotta troppo presto all’alba di giovedì, nel parcheggio di via La Louviére.
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