L'intervista
Raf torna ad imporsi nelle arene estive con Self Control 40th Anniversary Summer Tour per celebrare il 40esimo anniversario non solo di una delle hit più famose di sempre, ma anche della carriera straordinaria di uno dei padri del pop in Italia. Si esibirà martedì 29 luglio a Casa del Diavolo, frazione di Perugia, per Diavoli in festa. Ne parliamo con lo stesso Raf.
- Quarant'anni di Self Control e di una intensa vita artistica: sembra volare il tempo…
E’ strano, è come se mi fossi accorto ora che sono passati 40 anni. E ora continuo a parlarne per via di questo tour celebrativo di Self Control, altrimenti non mi sarei proprio accorto. Quando sono arrivati quarant'anni qualcuno me l'ha ricordato perché a me sembrava una cosa quasi impensabile, anche perché Self Control tutto sommato ancora oggi si fa sentire nei club, insomma è molto conosciuto anche da molti ragazzi che non hanno vissuto quel periodo. Oppure se non direttamente indirettamente, diciamo, riscoprendo quel sound che era tipico degli anni 80 e in qualche modo viene poi ripescato e continua a fare tendenza a distanza di quarant'anni.
- Senza contare che nella versione inglese è stato un grande successo internazionale, tra l'altro.
È successa una cosa insolita perché a distanza di quattro mesi dalla versione originale, quella prodotta in Italia cantata da me, apparve la versione di Laura Branigan. E la cosa straordinaria che penso non sia successo né prima né dopo, entrambe le versioni erano nei primi 10 della classifica mondiale, un po' dovunque.
- Certo, ma in realtà cos'è rimasto di quegli anni 80?
Gli anni 80 sono stati un decennio spartiacque in qualche modo. Vogliamo chiamarlo anche periodo rivoluzionario? Per certi aspetti a noi quegli anni ci sembravano un decennio troppo frivolo. Insomma, un po' chi l'ha vissuto tendeva a sottovalutarlo. In quegli anni sono successe cose importanti. Il crollo del muro di Berlino, la fine di quella guerra fredda che abbiamo vissuto con anche con un po' di preoccupazione dagli anni 60, 70 fino ad allora, con l'idea di un mondo finalmente unito, fatto di pace, l’inizio della globalizzazione. E tutti speravano fosse un'unione di popoli. E poi non è andata così, insomma, quindi quello certo non è rimasto. Di quell'idea sono rimaste anche cose che io trovo positive per certi aspetti. Per esempio, di dare importanza anche alla leggerezza, al divertimento. Cosa che negli anni precedenti agli anni 80, non accadeva: dovevi per forza essere impegnato. In quegli anni veniva anche introdotto il telefonino, il padre degli smartphone. Ma quindi oggi con lo smartphone che succede? Che questo strumento infernale è quello che detta anche l’andamento di tutta la musica che viene prodotta oggi. E questo comporta inevitabilmente che anche la stessa qualità della musica che abbiamo oggi, sia priva di profondità, fatta veramente di usa e getta.
- Se potessi avere la possibilità di cambiare qualcosa negli ultimi quarant'anni, cosa sceglieresti?
Se potessi scegliere di cambiare, penserei, anche se a me non piacciono le limitazioni di nessun tipo, a una maggiore tutela anche e soprattutto dell'informazione, ma pure del diritto d'autore e di tante altre cose.
- Per tutelarsi dal grosso rischio delle fake?
Esatto, che nel populismo, nella propaganda di qualsiasi tipo, riescono a fare breccia e a condizionare anche le sorti del voto e a cambiare l’andamento delle decisioni delle classi dirigenti nel mondo, attraverso proprio un'informazione sbagliata.
- Qual è stato il momento più bello e intenso della tua vita artistica e quello magari più deludente?
Devo dire che sono maggiori i momenti belli, positivi. Di cose deludenti, ne ricordo poche. Una qualche partecipazione a Sanremo, ad esempio. Nel 2015, l’ultima volta che ho partecipato stavo male, avrei dovuto lasciare però devo dire - e non lo dico per polemica - Sanremo ha sempre avuto dei meccanismi particolari, per cui sei lì convinto che la giuria debba votare la tua canzone e non la performance in sé, perché altrimenti è diventato un’altra cosa. Ma se rimane il Festival della canzone italiana allora bisogna votare la canzone. Poi può capitare il giorno che il cantante non è in forma per motivi di salute e non per questo deve essere eliminato. Quello è stato un episodio brutto, ma non per me ma per il Festival in sé.
- In effetti ti sei tenuto sempre un po’ a distanza da Sanremo. Perché hai partecipato in totale solo un paio di volte a molta distanza l’una dall’altra…
Almeno finché Sanremo era un format televisivo fatto con quelle giurie, con l'onta dell'eliminazione. Secondo me le due cose non si sposano, ma soprattutto anche gli autori tendevano a portare tutto sul terreno televisivo, mentre il Festival è il festival della canzone. Claudio Baglioni è stato un grande perché lui ha trasformato veramente il festival e da Baglioni in poi le cose sono cambiate. Trovi il mainstream attuale, quello che si ascolta e molto altro. Non a caso ora tutti vogliono fare Sanremo, il rischio è che diventi un imbuto dove devi sperare di infilarti con una canzone bella.
- Pensi ancora, come nel testo di Battito Animale, che nelle nostre esistenze quel che più conta è l'istinto?
Diciamo che l'istinto conta molto, conta moltissimo, è importante. L'istinto è importante perché è quello che determina poi chi siamo veramente, ma in tutto questo deve essere mediato ovviamente dalla ragione. E allora il connubio può essere perfetto.
- Qual è la missione dell'artista, del musicista in questo caso, in questo periodo di inquietudini e di barbarie planetarie?
Io passo notti insonni da quando le cose sono peggiorate. Già ho iniziato, vabbè, con la guerra in Ucraina, ma poi quello che sta accadendo in Palestina francamente non è accettabile. È qualcosa che umanamente non si può accettare. Le ragioni di chi ha cominciato il 7 ottobre sono già sbagliate di per sé, ma penso che quello che ora Israele sta facendo alla popolazione di Gaza, ma anche in Cisgiordania dove stanno continuando a cacciare i palestinesi e a occupare territori, non sia accettabile anche sul versante del diritto internazionale. E questo non è accettabile. E il mondo? Se è vero che è rimasta un po' di coerenza e un po' di dignità il mondo occidentale dovrebbe ribellarsi a questo prima di tutto l'America, ma sappiamo che non lo farà mai. Ma anche l'Europa. Sto parlando dei potenti, dei grandi, non so come facciano loro ad avere sogni tranquilli perché quello che sta accadendo è disumano.
- Sarai martedì a Casa del Diavolo con i Diavoli in festa. Che ne pensi?
Devo approfondire la questione – commenta divertito – che mi incuriosisce, ma spero di portare un po' di, come dire, divertimento, serenità, di emozioni. E con la musica pop portare un po' di spensieratezza, come in qualche modo sono riuscito a fare da 40 anni a questa parte.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy