Letizia e Mathilde, essendo regine cattoliche, potranno indossare il bianco
Domani, 18 maggio, Papa Leone XIV – il nuovo pontefice eletto lo scorso 8 maggio – celebrerà la messa di inizio pontificato a San Pietro. Fin qui tutto previsto. Ma dietro la liturgia, gli abiti e i sorrisi diplomatici, si muove un piccolo esercito di monarchie europee che porteranno a Roma più simboli che parole.
Dalla Spagna arriveranno re Felipe VI e la regina Letizia. Dal Belgio re Filippo e la regina Mathilde. Dall’Olanda la regina Máxima, e dalla Svezia la principessa ereditaria Victoria. In mezzo a decine di delegazioni politiche, questi nomi brillano più di altri. Ma non solo per il sangue blu.
Letizia e Mathilde, essendo regine cattoliche, potranno indossare il bianco. Un gesto rarissimo che solo pochissime sovrane al mondo sono autorizzate a compiere davanti a un papa. Si chiama “privilegio del bianco”, ed è uno di quei dettagli che sembrano usciti da un’altra epoca. Ma che il Vaticano custodisce gelosamente, proprio perché ogni gesto lì dentro ha un peso.
Le altre - protestanti-– dovranno invece attenersi al protocollo: nero e velo, in segno di rispetto. Máxima e Victoria, in particolare, non sono nuove a questo tipo di apparizioni, ma la loro presenza in questo momento storico (con i loro paesi lontani dalla sfera cattolica) è tutto tranne che secondaria.
Dalle fonti incrociate di Lettera43 e ErreEmmeNews emerge che sarà presente anche Charlène di Monaco, probabilmente in rappresentanza del marito Alberto II. E circolano voci su una possibile comparsa del principe William per conto del Regno Unito. Se confermata, sarebbe un segnale importante della volontà della monarchia inglese – anglicana – di mantenere un contatto simbolico con il nuovo pontefice, nonostante le differenze dottrinali.
Non è solo una sfilata. I gesti di domani – dai colori agli inchini, fino a chi siede dove – sono il modo in cui le monarchie e la Chiesa comunicano gerarchie, alleanze e distanze. In un momento in cui le istituzioni tradizionali scricchiolano ovunque, il Vaticano rispolvera i suoi codici millenari per mandare un messaggio chiaro: qui, ogni cosa ha un senso. E ogni presenza, anche silenziosa, è una scelta politica.
In tempi di crisi d’identità istituzionale e comunicazione urlata, chi riesce ancora a parlare per simboli ha un vantaggio. E chi sa leggerli, capisce che il potere – quello vero – non ha bisogno di spiegarsi. Gli basta mostrarsi. Domani, a Roma, succederà esattamente questo.
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