curiosità
Debutta questa sera, martedì 15 aprile, la miniserie evento di Rai 1 Fuochi d'artificio. Ispirata dall'omonimo libro di Andrea Bouchard, racconta di 4 giovani ragazzi - Marta, Davide, Sara e Marco - che nel 1944, tra le alpi piemontesi, sognano la fine della guerra. Stanchi di essere trattati come bambini, decidono di aiutare in segreto i partigiani assumendo l'identità del fantomatico Sandokan, il ribelle che mette in difficoltà i fascisti e i nazisti della valle.
Nato a Milano il 1° aprile 1965, Andrea Bouchard si trasferisce a Roma da ragazzo. Nella capitale, dopo aver lasciato l'Università, inizia a frequentare varie scuole di recitazione, musica e scrittura creativa. Nel mentre, si dedica a diversi lavori, tra i quali cameriere, baby-sitter, moto-taxi, correttore di bozze, redattore grafico, clown, musicista di strada e trampoliere.
Nel 1996 inizia a lavorare come maestro nelle scuole elementari e, nello stesso periodo, esordisce a teatro come sceneggiatore di spettacoli per bambini. Nel 2001 uno dei suoi allestimenti viene selezionato dal comune di Roma e da Amnesty International per la promozione della Dichiarazione dei diritti del fanciullo nelle scuole della capitale.
Nel 2008 inizia la sua carriera letteraria e pubblica il suo primo libro, Acqua dolce. L'opera vince nel 2010 la quarta edizione del Premio biblioteche di Roma, per la sezione ragazzi di fascia d'età 8/10 anni. L'anno successivo esce Magica Amicizia e, dopo pochi mesi, nel maggio 2012, l'opera si classifica terza al Premio Bancarellino.
Nel 2015 esce il romanzo Fuochi d'artificio, il primo dei suoi due libri destinato a ragazzi di 13/14 anni che racconta della resistenza dei giovani nelle valli piemontesi durante il Fascismo. Nel febbraio 2015 esce il libro Ho ingoiato il sole, rivolto a ragazzi dagli 11 anni in su.
La storia raccontata da Buchard nel suo romanzo sulla Liberazione Fuochi d'artificio, è ispirata a storie e luoghi realmente esistiti. L'autore ha raccontato in una recente intervista a Riforma.it che i fatti che lo hanno ispirato "Sono tantissimi, partirei proprio dai molti racconti dei miei genitori, dai loro vissuti, emotivamente molto forti, anche se nel 1945 avevano solo 9 e 14 anni; passando attraverso altri racconti familiari, come quelli su Willy Jervis, che era un mio prozio - ha detto Buchard.
"Però, quando ho deciso di scrivere il libro ho letto quasi tutti i libri a disposizione, in particolare Beppe Fenoglio. Il partigiano Johnny l’avevo letto da giovane (e non ci avevo capito niente!), ma riletto da adulto maturo l’ho adorato, soprattutto perché dice le cose come stanno, senza retorica, diversamente da alcuni partigiani che raccontano la loro storia con un pizzico di retorica, non dicono le cose brutte… Fenoglio invece dice proprio tutto, ma con amore… - ha spiegato - Mi sono riconosciuto nel suo spirito, mi piace l’idea che la verità sia affascinante nelle ombre come nelle luci, e io vorrei raccontare quella, non togliere le ombre per rendere il racconto più bello. Poi, essendo un libro per ragazzi, chiaramente non ho messo tante ombre nel senso di comportamenti discutibili dei partigiani".
Andrea Bouchard ha raccontato - sempre a Riforma.it - quali sono state le differenze e i punti di incontro tra la produzione della fiction rai e il romanzo: "Mi trovo molto in sintonia con lo spirito con cui è stata fatta, la regista Susanna Nicchiarelli ha una visione molto simile alla mia, sia sull’importanza di questi valori sia sul modo in cui esprimerli, anche con una certa leggerezza: non volevo fare qualcosa di angosciante, triste, ma suggerire una certa vitalità, nei personaggi, in quello che succede, e in questo spirito mi sono ritrovato. Una differenza rispetto al libro è il ruolo dei nonni, che è stato molto potenziato perché la fiction si rivolge a un pubblico di famiglie, ma i personaggi chiave sono rimasti fedeli al testo".
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Tuttavia, lo scrittore ha ammesso di non aver "condiviso alcune scelte artistiche, dettate anche a livello di produzione Rai". Ma, allo stesso tempo, si dice "contento che sia stata fatta la serie televisiva, perché estende il pubblico dei fruitori della storia, ed è un riconoscimento non soltanto per il libro, ma anche della rilevanza dell’argomento. Il mio obiettivo era fare arrivare la storia ai ragazzi, con parole accessibili a tutti, e ho visto che è piaciuta anche agli adulti".
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