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Anziana morta per cancro alla colecisti, il gip archivia l’indagine su 13 medici

L’anziana era stata operata a maggio 2021 per una sospetta infiammazione della colecisti e non era stato effettuato l’esame istologico, che da subito avrebbe invece rivelato l’esistenza di un cancro alla cistifellea

Francesca Marruco

27 Luglio 2025, 10:43

Anziana morta per cancro alla colecisti, il gip archivia l’indagine su 13 medici

È stata disposta l’archiviazione dell’indagine per omicidio colposo nei confronti di 13 operatori sanitari, che erano stati indagati in seguito al decesso di una 85enne per cancro alla colecisti. Il gip ha accolto la richiesta avanzata dalla procura. Disposta l’archiviazione da parte del gip per i 13 operatori sanitari che erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo, perché inizialmente ritenuti responsabili del decesso di un’anziana malata di cancro alla colecisti. La richiesta, a cui si era opposta la famiglia dell’85enne, era stata avanzata dal sostituto procuratore titolare del fascicolo, Mario Formisano. Il tutto era iniziato a maggio del 2021 ed era finito a ottobre nel peggiore dei modi, con il decesso dell’anziana. Nel mezzo, una lista di sviste, diagnosi errate e mancati esami diagnostici.

L’anziana era stata operata a maggio 2021 per una sospetta infiammazione della colecisti e non era stato effettuato l’esame istologico, che da subito avrebbe invece rivelato l’esistenza di un cancro alla cistifellea. Qualche tempo dopo, dato che la donna continuava ad avere dolori, era stata nuovamente ricoverata e operata e in quell’occasione, il secondo grande errore: all’anziana era stato diagnosticato non un carcinoma alla colecisti - già operato - ma uno - inoperabile - al pancreas. Dopo diversi mesi la donna era finita nuovamente in ospedale con una situazione ormai gravissima ed era deceduta di lì a poco.

I passaggi, contenuti nella denuncia del figlio dell’anziana, vengono ripercorsi anche dal gip nell’ordinanza di archiviazione in questi termini: “La consulenza del pm ha portato in buona misura ad una conferma delle censure che erano già presenti nell’atto di denuncia-querela e che vengono poi riproposte nell’atto di opposizione. In particolare, il consulente del pm ha riscontrato errori diagnostici nonché ritardi o omissioni negli interventi che erano suggeriti dalle linee-guida: inizialmente vi era stato un ritardo nel diagnosticare la neoplasia della colecisti e l’intervento eseguito presso il reparto di chirurgia conseguentemente non era stato radicale come sarebbe stato preferibile. Anche dopo la diagnosi corretta, formulata a seguito dell’esame istologico, non era stato eseguito alcun intervento ulteriore. Nei successivi ricoveri al pronto soccorso, poi, i sanitari si erano rifatti ad una diagnosi errata (tumore del pancreas) e non avevano considerato la possibile presenza di un fenomeno infettivo. Si tratta, come detto, di censure che ripetono sostanzialmente quelle già avanzate dal denunciante anche nell’atto di opposizione”.

Adesso, il giudice Valerio D’Andria, nell’ordinanza di archiviazione scrive: “In definitiva, dunque, come rilevato dal consulente tecnico del pubblico ministero, al di là di errori e negligenze, nella vicenda non è possibile superare il serio dubbio che, pur in presenza di diagnosi più tempestive, i trattamenti disponibili non avrebbero garantito alla paziente una sopravvivenza più lunga di quella avutasi.

Si deve allora richiamare la giurisprudenza di legittimità che, proprio in tema di colpa medica, ricorda come il nesso di causalità tra un’ipotizzata omessa diagnosi e il decesso di un paziente deve essere ricostruito sul piano logico e deve essere fondato su leggi scientifiche ma anche su valutazioni del concreto fatto storico: nel caso di specie sia le particolari condizioni complessive del paziente sia il dato scientifico relativo alla mortalità legata alla patologia rendono del tutto impossibile affermare che le ipotizzate condotte alternative lecite avrebbero impedito l’evento infausto o comunque avrebbero determinato un periodo di sopravvivenza apprezzabilmente superiore rispetto a quanto verificatosi”. Gli operatori sanitari erano difesi, tra gli altri, dagli avvocati Delfo Berretti, Elena Torresi, Giovanni Picuti, David Brunelli, Chiara Peparello, Marco Brusco, Lino Ciaccio e Franco Libori.

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