UMBRIA
Luca Ferrucci, docente di Economia all’Università degli studi di Perugia e amministratore unico di Sviluppumbria
L’economia s’è desta. In Umbria le iscrizioni di nuove attività economiche nel secondo trimestre 2025 sono state 1.144 a fronte di 735 cessazioni, con un saldo positivo di 409 imprese. Sia la provincia di Perugia che quella di Terni registrano un segno più (+303 e +106 aziende). E’ quanto emerge dai dati Movimprese, forniti da Unioncamere e Infocamere sulla base del registro delle imprese delle Camere di commercio e rielaborati dall’ufficio statistico della Regione Umbria. Al 30 giugno 2025 lo stock complessivo di imprese umbre ammontava a 90.308 con un tasso di crescita pari al +0,45% rispetto al trimestre precedente, fa sapere Palazzo Donini.
Delle 90.308 imprese umbre registrate al 30 giugno 2025, la diminuzione maggiore si è avuta per le imprese del settore dell’industria (-1,33%) seguito dal settore del commercio (-1,25%), da quello dell’agricoltura (-1,04%) e delle costruzioni (-0,58%). Nell’analisi comparata per macroaree, il Centro Italia si evidenzia per il ritmo più sostenuto di ampliamento della base imprenditoriale, con un tasso di crescita pari allo 0,62%, rispetto a una media nazionale dello 0,56%. I dati del secondo trimestre sulla nati-mortalità delle imprese relative del 2025, comparati a quelli del 2024, stesso periodo, segnalano complessivamente a livello nazionale un lieve incremento del tasso di crescita della numerosità delle imprese passate dallo 0,50 allo 0,56% “ma è soprattutto il dato della nostra regione - spiega il docente di Economia all’Università degli studi di Perugia e amministratore unico di Sviluppumbria, Luca Ferrucci - che rileva una dinamica piuttosto interessante. Perché pur restando anche nel 2025 inferiore al dato medio nazionale, con lo 0,45% del Cuore verde, nel raffronto con il trimestre del 2024, quando era pari allo 0,27, denota nella nostra regione una dinamica virtuosa di avvicinamento alla media italiana. E questo è un dato estremamente positivo, se prendiamo atto che nel secondo trimestre del 2024 il tasso di crescita della numerosità delle imprese era circa la metà di quella nazionale. Ora l'Umbria si trova nel secondo semestre del 2025 solo lievemente sotto la media nazionale”.
Ma il dato umbro appare ancora più interessante, secondo Ferrucci, nel confronto con due regioni limitrofe, con le quali normalmente si fanno le comparazioni, ovvero le Marche e la Toscana. “Ebbene la performance dell’Umbria - prosegue il prof - è praticamente allineata a quella delle Marche nel secondo trimestre del 2025, quando invece nel secondo trimestre del 2024 le Marche avevano una performance decisamente migliore di quella della nostra regione. E lo stesso giudizio è nel raffronto con la Toscana”. C'è un’Umbria “che mostra una vivacità in termini di tasso di crescita della numerosità delle imprese dovuta sicuramente a un rallentamento del tasso di mortalità delle imprese e a un incremento del tasso di natalità delle imprese stesse”.
Ma a questo punto arriva il monito a un’emeneutica corretta. “Quando si osservano questi dati positivi - spiega Ferrucci - naturalmente ci vuole anche una certa cautela interpretativa, cioè ci dobbiamo chiedere se ad esempio, essendo un dato contingente, una fotografia limitata a un secondo trimestre va vista in una chiave più strutturale, quindi una fotografia di un secondo trimestre non può farci esprimere giudizi particolarmente rilevanti. Però se questa tendenza dovesse nei prossimi trimestri andare a consolidarsi, avremmo un’Umbria che potrebbe addirittura superare la performance media nazionale e anche quella delle due regioni limitrofe”.
Perché va letto con cautela il dato? “Non solo perché è una fotografia di un solo trimestre, ma anche perché dobbiamo indagare meglio quelli che sono i fattori della natalità delle nostre imprese. Se sono cioè imprese collocate in alcuni settori altamente produttivi dell'economia oppure nascono in settori legati a un basso livello di produttività e quindi anche di salari e di remunerazioni complessive. E’ in settori ad alta tecnologia questa natalità o si colloca ad esempio nel mondo del commercio dove qualche volta si maschera come dire una sotto occupazione? Per essere chiari c’è anche chi apre un negozio in un luogo marginale per evitare la disoccupazione...”.
Sono domande “doverose”, quindi, secondo il vertice dell’agenzia regionale. Ergo “occorre approfondire il tasso di natalità anche rispetto al dato anagrafico di colui che costituisce l'impresa: sono imprese che nascono da giovani, espressione di un capitale umano o sono imprese invece come dire che non hanno queste caratteristiche?” Sicuramente però una cosa si può affermare, evidenzia il docente, “la vivacità nella natalità delle imprese è sempre un dato da inquadrare in una dinamica virtuosa anche di rinnovamento della base imprenditoriale e quindi credo che in Umbria, anche per contrastare quell'esodo e quella migrazione di giovani del nostro capitale umano qualificato verso altre regioni o realtà europee e per costituire delle occasioni di irrobustimento della nostra competitività complessiva, ci sia bisogno di nuove imprese. E c'è bisogno di nuove imprese che nascono dall'intelligenza, dalla capacità dei nostri giovani laureati. Questo dato non può che incoraggiarci a costituire nuove politiche industriali per le start up, per l'imprenditorialità giovanile, per un'imprenditorialità che si va a collocare sui vettori più innovativi dell'economia e dell'industria ad alta tecnologia, al servizio magari della competitività dell'industria tradizionale”.
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