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Zone 30 in città, Vossi: "Non è una questione politica ma di sicurezza"

Sabrina Busiri Vici

05 Settembre 2025, 08:31

Zone 30 in città, Vossi: "Non è una questione politica ma di sicurezza"

Pierluigi Vossi, assessore alla Mobilità

Zone 30 in città, cosa significa esattamente. Se ne parla tanto, non sempre a proposito. Una cosa è certa: non basta mettere un cartello. La misura punta alla sicurezza e alla maggiore vivibilità degli spazi urbani. Ne abbiamo parlato con l’assessore alla Mobilità Pierluigi Vossi.

Assessore, che cosa prevede il progetto sulle Zone 30 in città?

Il punto di partenza è il Pums, piano di mobilità urbana sostenibile, del 2019, predisposto dalla precedente giunta, che già individuava otto aree strategiche per l’introduzione delle Zone 30. Per anni però non si dato seguito alla progettualità. Ad aprile 2025 abbiamo portato in giunta un piano di fattibilità tecnico-economica che riguarda otto zone. Ora si tratta di cercare i finanziamenti.

- Il progetto, dunque, parte da lontano?

Assolutamente. Nasce con il Pums e trova fondamento in un decreto ministeriale del 2001 che stabilisce i criteri per l’individuazione delle aree: sicurezza, mobilità e valore urbano. Le Zone 30 vanno applicate nei pressi di scuole e luoghi con forte presenza di pedoni, nei quartieri congestionati e nei contesti storici o residenziali.

- Quali sono esattamente i criteri specifici che hanno guidato la scelta delle aree di Perugia dove introdurre le Zone 30?

La scelta è stata tecnica e basata su tre criteri principali: sicurezza, ovvero presenza di scuole e pedoni; mobilità, in tal senso s’intende quartieri congestionati o caratterizzati da traffico di attraversamento e valore urbano, quindi aree storiche e residenziali da proteggere. Sulla base di questi criteri, il progetto ha individuato otto aree prioritarie, all’interno di alcuni quartieri periferici e aree della nostra città: Ponte San Giovanni, Balanzano, San Sisto, via Birago, Borgo XX Giugno, via Pinturicchio, Cassero, piazza Grimana e Porta Conca.

- Per fare una Zona 30, non basta un cartello...

No, non basta. Una Zona 30 è un quartiere ridisegnato come presidio urbano: restringimenti di carreggiata, attraversamenti pedonali rialzati, marciapiedi più larghi, arredo urbano, piste ciclabili. È un approccio scientifico alla sicurezza stradale, non un semplice limite imposto.

- A Perugia avete già dei dati sull’efficacia?

Non ancora. Ma guardiamo alle esperienze di altre città: Bologna ha registrato un calo del 13% degli incidenti e quasi il 50% in meno di feriti gravi. Anche Treviso, Milano, Torino e realtà di centrodestra come Verona, Cagliari e Olbia hanno ottenuto risultati eccezionali. Questo dimostra che non è una questione politica, ma di tutela collettiva.

- Eppure c’è chi accusa l’amministrazione di voler “fare cassa” con le multe…

È una polemica infondata. Il codice della strada vieta l’uso degli autovelox sotto i 50 km/h, quindi non si può piazzare un autovelox in una Zona 30. Inoltre, l’articolo 208 obbliga a destinare il 50% dei proventi delle sanzioni a sicurezza e mobilità sostenibile. I cittadini possono verificare in ogni momento la circostanza . Parlare di “fare cassa” significa ingannare l’opinione pubblica.

- Che ruolo avranno i cittadini in questo processo?

Fondamentale. Come hanno fatto Bologna e Milano, anche a Perugia organizzeremo assemblee di quartiere, incontri con residenti, commercianti e associazioni. Solo così le Zone 30 possono funzionare davvero.

- La giunta prevede incentivi o misure compensative per chi abita o lavora nelle aree interessate, ad esempio agevolazioni sulla sosta o soluzioni di mobilità alternativa?

Sono allo studio misure di accompagnamento da valutare con gli altri attori della mobilità cittadina

- Quali sono i tempi di questo processo?

Prima di tutto bisogna reperire le risorse, anche attraverso bandi europei, visto che i fondi Pnrr da tempo sono già stati destinati ad altri progetti. Una volta ottenuti, partirà la fase partecipativa e poi la realizzazione. Non sarà immediato, ma è un percorso irreversibile.

- Lei parla di sicurezza, ma qualcuno la vede come una misura punitiva…

Cerco di capire, con difficoltà, la percezione: ma è sbagliata. L’articolo 1 del codice della strada chiarisce che la sicurezza stradale è l’obiettivo primario. Le Zone 30 non sono un vincolo, ma una protezione per tutti: bambini, anziani, pedoni e ciclisti. I dati Istat del 2023 dicono che il 73% delle vittime della strada muore in ambito urbano. Intervenire è un dovere morale.

- A Perugia al momento c’è solo l’esperienza del Bellocchio…

Sì, ma attenzione: mettere un cartello “30” non significa istituire una Zona 30. Il Bellocchio nasce da un progetto della precedente giunta e noi lo abbiamo portato avanti. È un inizio, ma la vera svolta arriverà quando i quartieri saranno ripensati in chiave di sicurezza urbana.

- Le Zone 30 saranno estese progressivamente a tutta la città o resteranno limitate a quartieri specifici o parte di loro? Qual è la visione a lungo termine?

La visione è quella di una rete di Zone 30 integrate: rivolta ai quartieri residenziali, scolastici e storici. Pensiamo al modello adottato a Torino, Milano, Bologna, Treviso e Cagliari. Perugia seguirà lo stesso approccio: non un provvedimento isolato, ma un progetto di città più sicura, accessibile e vivibile.

- In conclusione, qual è il messaggio che vuole mandare ai cittadini?

Che le Zone 30 non sono un’invenzione di questa giunta né uno strumento politico. Sono una misura trasversale, adottata in tutta Italia, che mette al centro la sicurezza delle persone. Non parliamo di punizioni ma di tutela collettiva: ridurre incidenti e salvare vite deve essere un obiettivo condiviso da tutti.

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