IL CASO
Raja El Mir e Hadjer Juir
"La assumo io". Ad aiutare Raja El Mir, la cittadina italiana di fede musulmana che al Corriere dell’Umbria ha raccontato di essere stata discriminata in ragione del velo islamico che indossa e che si è rifiutata di togliere, è un’imprenditrice algerina, Hadjer Juir, titolare del Medina Experience, un ristorante in pieno centro a Foligno che propone cucina araba e fusion.
“Se lei vorrà, potrà lavorare nel mio locale. La assumo io”, ribadisce Hadjer, quarant’anni di cui trenta trascorsi in Italia, due figli, parlantina sciolta e incontenibile energia. “I primi giorni di settembre aprirò in piazza della Repubblica un cous cous bar specializzato nella cucina mediorientale”, spiega. “Lo staff sarebbe già al completo ma la storia di Raja mi ha colpito, mi ha ricordato la me stessa di quindici anni fa, porte in faccia e le faremo sapere, tanto che a un certo punto, pur di lavorare, ho avvolto l’hijab attorno al capo, a mo’ di cuffia, così da evitare che si percepisse, a una prima occhiata, che fossi velata”, ricorda con amarezza.
È un vulcano di energia, Hadjer, che, prima di scoprire la sua passione per i fornelli, ha calcato le aule scolastiche e percorso su e giù le scale degli uffici pubblici. Con in tasca la sua bella laurea in Scienze della formazione ottenuta con il massimo dei voti, Hadjer, si è barcamenata per anni tra il lavoro di insegnante in una scuola privata di lingue straniere e quello di interprete per il tribunale nella traduzione giurata dal francese all’italiano. E per non farsi mancare niente, ha anche partecipato, arrivando terza, alla seconda edizione di ‘Cuochi d’Italia – Il campionato del mondo’, programma tv condotto dallo chef Bruno Barbieri.
“Perché è così difficile farsi accettare? Abbiamo due braccia, due mani e due gambe, proprio come tutti gli altri”, protesta Hadjer. Prende fiato e ricomincia: “Mi spiace quel che è accaduto a Raja. Mi spiace ancor più che nessuno si sia fatto avanti per offrirle un lavoro. Parlo degli italiani, si intende”. “Perché così non è vera integrazione, così non vale”, conclude tranchant, la voce metallica di chi ne ha già viste tante ma non si è mai arresa. Di integrazione, Hadjer, ne sa qualcosa. Lei e suo marito sono una coppia mista, afro-italiana, che da diciotto anni, giorno in cui si sono sposati, hanno raccolto la sfida dell’interculturalità.
Poi butta lì un auspicio, che è una speranza ma anche una provocazione: “Io sono disponibile a offrire a Raja un contratto, lo ripeto, ma sarebbe bello che la proposta venisse da qualche illuminato imprenditore italiano”. Prima di chiudere, con il suo proverbiale spirito concreto, lancia un appello: “Rivolgo un invito a tutti i commercianti della zona a dare una possibilità a Raja, così come farebbero con chiunque altro, velo o meno, si presentasse a chiedere un impiego”.
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