FOLIGNO
Quando il giorno di Ferragosto si è presentata al colloquio di lavoro per un posto da cameriera in un ristorante della Valle Umbra Sud, indossando, come d’abitudine, il velo islamico, Raja El Mir, italiana di origini marocchine e fede musulmana, 26 anni, una laurea triennale in servizi sociali, tre lingue parlate fluentemente, non immaginava che il suo abbigliamento potesse rappresentare un ostacolo. Del resto già in passato aveva svolto, presso un altro esercizio commerciale, la stessa mansione di servizio ai tavoli, il capo coperto con un lungo foulard che tiene fermi i capelli e nasconde la fronte, la nuca e il collo. Mentre racconta di sé, del suo brillante percorso di studi, della sua voglia di lavorare, della sua indole concreta e affidabile, senza grilli per la testa, pensa che sì il suo lavoro lei lo sa fare, che se l’assumeranno saprà meritare la fiducia accordatale. Ma quando il responsabile del personale, dopo averle posto le consuete domande sulle sue competenze e l’esperienza nel settore, le chiede se è disposta a rinunciare al velo, Raja ha un moto di ribellione. Di togliere l’hijab non se ne parla. Si alza in piedi e saluta, con una stretta di mano di cortesia. Ma mentre torna a casa, Raja ha il viso crucciato, l’espressione rabbuiata di chi sente d’aver subìto un’ingiustizia. E lei stessa a raccontare quanto accaduto.
- Ripercorriamo i fatti, Raja.
Semplice. Vengo a sapere che un ristorante cerca una cameriera. Mi dico perché no?, sto finendo gli studi, a fine anno dovrei discutere la tesi magistrale, ma intanto posso guadagnare qualcosa, non pesare sui miei. Così mi presento al colloquio di lavoro. Il responsabile del ristorante mi chiede del mio curriculum, di cosa so fare, di cosa ho fatto. Poi, da ultimo, se sono disposta a togliere il velo. E’ stato a quel punto che mi sono alzata e l’ho salutato. Mi sono sentita discriminata a causa delle mie convinzioni religiose.
- Come si è sentita dopo, dopo essersene andata?
Ho cercato di non pensarci ma non riuscivo a mandar giù la cosa. Così sono tornata a casa e ho scritto un post su Facebook, quattro cinque righe...
- E poi cosa è successo?
In poche ore ho ricevuto quasi cinquecento commenti.
- Di che tenore?
C’è stato chi mi ha manifestato la sua solidarietà e chi invece ha preso le difese del ristoratore. Con toni che dire offensivi è poco.
- Fatti simili le sono capitati altre volte?
E’ tutta la vita che ricevo commenti di odio da parte di adulti e giovani ma non saranno certo queste persone a indurmi a provare rancore verso l’Italia, il Paese dove sono cresciuta e che amo immensamente.
- Ha mai avuto paura di rimanere disoccupata a causa del suo abbigliamento conforme ai dettami del Corano?
Sempre. Io questa paura di fondo ce l’ho sempre. Poi però cerco di allontanarla da me attraverso lo studio e l’impegno.
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