Politica
L'ospedale da campo della Regione (in alto a destra) allestito all'ospedale di Perugia durante il Covid
Il caso dell'ospedale da campo dell'Umbria è finito in consiglio regionale. Dove l'attuale maggioranza parla di "spreco colossale" puntando il dito contro la precedente amministrazione. L’assemblea legislativa ha discusso l’interrogazione che chiedeva “chiarimenti in ordine all'utilizzo dell'ospedale da campo acquistato durante l'emergenza pandemica da covid 19”, presentata dai consiglieri Cristian Betti e Letizia Michelini (Pd).
Illustrando l’atto ispettivo, Letizia Michelini ha spiegato che “per la gestione dell’emergenza sanitaria durante la pandemia, a supporto del servizio sanitario regionale vennero istituiti e attivati vari presidi mobili, compreso un ospedale da campo costato oltre 4,5 milioni di euro circa, impiegando risorse pubbliche che andavano, invece, per tempo utilizzate per la riqualificazione del patrimonio sanitario pubblico esistente, nonché per la programmazione di assunzioni di personale medico infermieristico e sanitario. Considerando la necessità di soli 36 posti letto, di cui 26 dedicati alla terapia a bassa intensità e sub intensiva tipica degli ospedali di I livello o di comunità (distribuiti in 11 presidi), e appena 12 posti letto di terapia intensiva da suddividere tra Perugia e Terni, ci si chiede perché sia stata intrapresa un'operazione del valore di oltre 4,5 milioni di euro per l'allestimento di un ospedale da campo, che è stato poi rapidamente smontato. Desta perplessità la notizia che l’ospedale da campo acquistato per far fronte al Covid ed evitare un eventuale sovraffollamento delle terapie intensive, resterà in Turchia dove era stato inviato per il terremoto del 2023 (salvo alcuni letti e ventilatori che sono stati trattenuti a Perugia per il reparto di terapia intensiva).
Chiediamo quindi di sapere: quale è stato il reale utilizzo dell’ospedale da campo durante l’emergenza pandemica e quanti i pazienti che ne hanno usufruito; le motivazioni per le quali si sono investite ingenti risorse della Banca d'Italia sulla soluzione dell’ospedale da campo invece di intervenire su soluzioni stabili e strutturate distribuendo macchinari e postazioni letto di terapie intensive negli ospedali pubblici esistenti e rafforzando i servizi esistenti; le ragioni per cui l’ospedale da campo è stato fornito alla Protezione civile nazionale con un parzialissimo rimborso dei costi, destinandolo alle emergenze internazionali, cioè un’attività che seppur meritevole è estranea alle finalità per cui si è motivato l’investimento; i soggetti coinvolti, i tempi, le modalità, i costi complessivi stimati ed i rapporti giuridici che disciplinano la destinazione dell’ospedale da campo alla Turchia dove è stato inviato per il terremoto del 2023”.
La presidente Stefania Proietti ha risposto che “come relazionato dall'azienda ospedaliera di Perugia con nota PEC del 16 maggio scorso, l'ospedale da campo è stato aperto in data 10 marzo 2021 con il primo paziente ricoverato, ed è stato disattivato il 10 maggio 2021. Nel periodo sono stati trattati 140 pazienti in regime di osservazione breve. Preciso infine che dal 10 maggio al 15 giugno del 2021 l'ospedale da campo è stato utilizzato solo per lo screening dei pazienti con sintomatologia respiratoria. Le motivazioni di carattere politico sono state assunte dalla precedente amministrazione regionale. Questa giunta non può che prendere atto del fatto che per la realizzazione dell'ospedale da campo in oggetto è stato stipulato un contratto di appalto, nel 2021, per un importo di 2 milioni 930.200 euro, al netto del ribasso offerto del 2% a fronte di un impiego di soli due mesi, 10 marzo-10 maggio 2021 per osservazioni brevi, che hanno interessato 140 pazienti, più un periodo di un ulteriore mese per lo screening dei pazienti con sintomatologia respiratoria. Quanto all'esistenza di esigenze di natura tecnica da parte del sistema sanitario regionale, il modesto utilizzo della struttura poi effettuato da parte dell'azienda ospedaliera non può non far sorgere interrogativi circa la loro reale sussistenza. Sulla base di quanto relazionato dal servizio di protezione civile si rappresenta che, a seguito dell'evento sismico di magnitudo 7.9 verificatosi nel febbraio 2023 in Turchia, si è prontamente attivato il sistema di Protezione civile nazionale, su richiesta del Dipartimento nazionale di Protezione civile, con il coordinamento della Commissione speciale di Protezione civile. Alcune regioni, tra cui la nostra, hanno messo a disposizione i materiali e attrezzature per l'assistenza alla popolazione colpita dal sisma. L'offerta presentata dalle regioni e province autonome è stata accettata dalla Turchia per quanto riguarda i materiali per assistenza alla popolazione. La segreteria della Commissione speciale di Protezione civile ha comunicato, tra le altre, l'attivazione della colonna mobile regionale della Regione Umbria per l'invio di tende, blocchi bagno, letti ospedalieri, generatore elettrico, coperte e, per quanto riguarda l'Umbria, ci è stata fornita una dettagliata lista dei materiali inviati. Il valore complessivo di materiali e attrezzature inviati in Turchia ammonta a 776.771 euro. Questo meccanismo di supporto che vede coinvolte anche altre regioni nell'assistenza ad altri paesi colpiti dal sisma consiste in una risposta mediante appunto l'utilizzo di materiali già disponibili presso le regioni come in questo caso l'ospedale da campo”.
Nella replica conclusiva, il consigliere Betti ha detto: “Siamo ovviamente soddisfatti della risposta esaustiva e precisa. Chiaramente un po' meno delle motivazioni che hanno portato all'installazione di quell'ospedale da campo, su cui chiaramente rimaniamo perplessi. In particolar modo perché doveva essere una struttura legata alle difficoltà legate alle terapie intensive e invece, come lei ci ha detto, sono state utilizzate per circa 140 pazienti per osservazioni brevi, quindi per un qualcosa di diverso rispetto a quello per cui nasceva. Naturalmente ci riserviamo anche la possibilità di fare ulteriori interrogazioni, per verificare anche l'aspetto economico della vicenda, per esempio su quella cifra di 770mila euro vogliamo capire qual è stata la destinazione, se è entrata nelle more del bilancio umbro oppure della protezione civile nazionale. Insomma cercare di capire qual è stata la destinazione precisa di questi fondi, perché chiaramente crediamo che possano interessare tutte le cittadine e i cittadini umbri”.
“La risposta all’interrogazione alla nostra interrogazione sull’ospedale da campo certifica la malagestio della destra in sanità, incapace per anni di una certa e concreta programmazione, nonostante la situazione contingente di una pandemia da gestire, di certo non semplice”, insiste Cristian Betti stavolta in una nota congiunta con Letizia Michelini. Che parlano di "colossale spreco di risorse non giustificabile dall'emergenza".
“L’ospedale da campo – spiegano Betti e Michelini - è costato circa tre milioni di euro alla collettività, elaborato attraverso un progetto realizzato dagli uffici della Regione. Il fatto che sia rimasto aperto dal 10 marzo 2021 al 10 maggio 2021, due mesi, per controllare 140 pazienti in osservazione breve è allarmante ed emblematico del fatto che tale colossale investimento non è servito per svolgere le funzioni sanitarie per cui lo stesso era stato acquistato, uno spreco enorme di risorse pubbliche di cui l'ex giunta Tesei dovrà rendere conto davanti alla comunità umbra. Non è giustificabile neanche la specifica che dal 10 maggio al 15 giugno sia stato utilizzato per screening con sintomatologia respiratoria”.
“La gestione di una pandemia non è ovviamente una questione semplice – dicono – ma l’approccio tenuto dalla destra, con sprechi di risorse e strutture emergenziali costate un occhio della testa, rappresenta il modus operandi di chi ha rischiato di mandare a gambe all’aria la nostra sanità. L’ospedale da campo, tanto sbandierato, poi è stato smobilitato, due anni dopo, per rispondere alle necessità della Turchia colpita dal sisma. Ci chiediamo quindi se tale spesa sia stata effettivamente giustificabile, anche in un regime di emergenza come poteva essere quello pandemico. La nostra risposta è no, non sono sufficienti i rimborsi, e non era giustificabile un tale sforzo a fronte di uno scarso utilizzo, distogliendo risorse che potevano essere utilizzate per ben altro, come per creare posti letto permanenti all'interno delle strutture ospedaliere esistenti. Di certo – concludono - continueremo a fare ulteriori verifiche per avere più chiaro il quadro economico”.
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