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Ospedale da campo prestato alla Turchia, l'ex governatrice Marini: "Vicenda per me incomprensibile"

Dubbi sull'utilità dell'investimento. "Quale è stato il suo utilizzo? Quanti i pazienti che ne hanno usufruito?", si chiede l'ex presidente

Alessandro Antonini

05 Maggio 2025, 16:38

Ospedale da campo prestato alla Turchia, l'ex governatrice Marini: "Vicenda per me incomprensibile"

Catiuscia Marini

Ospedale da campo "prestato" alla Turchia: sul caso interviene l'ex governatrice Catiuscia Marini. Sulla struttura acquistata in piena pandemia e poi nel 2023 inviata in Turchia per il terremoto - e lì dovrebbe restare, stando alle ultime informazioni - dice la sua l'ex presidente della Regione che si era dimessa nel 2019 a seguito dell'inchiesta Concorsopoli. L'intervento è collegato al servizio del Corriere dell'Umbria proprio sull'ospedale da campo.

"L’attuale maggioranza regionale ci aiuti a fare chiarezza". "Ho sempre nutrito grande scetticismo - scrive Marini - e dubbi di scarsa trasparenza su questa vicenda per me incomprensibile. Umbria ha circa 800.000 abitanti diffusi su ampio territorio regionale, aveva nel 2020 anno dell’inizio della pandemia una rete diffusa ospedaliera, due aziende ospedaliere con emergenza di II livello, 5 presidi ospedaliera di emergenza di I livello, 6 ospedali di comunità… Dunque una rete diffusa che poteva essere diversificata tra ospedali da dedicare alla gestione Covid ed ospedali da dedicare all’attività ordinaria. A fronte del fabbisogno di appena 36 posti letti di cui 26 dedicati alla terapia a bassa intensità e subintensiva tipica degli ospedali di I livello o di comunità (ben 11 presidi) ed appena 12 posti di letto di terapia intensiva da suddividere tra Perugia e Terni, perché si è deciso di fare una operazione superiore a 4,5 milioni di euro con un ospedale da campo (caso quasi unico in tutta Italia e rapidamente smontato)? Quale è stato il suo utilizzo? Quanti i pazienti che ne hanno usufruito? E perché non investire questa ingente donazione della Banca di Italia per intervenire su soluzioni stabili e strutturate distribuendo macchinari e postazione letto di terapie intensive negli ospedali pubblici esistenti e rafforzando i servizi esistenti? Oggi scopriamo poi che nel 2023 l’ospedale da campo viene dato alla protezione civile nazionale con un parzialissimo rimborso dei costi, destinato alle emergenze internazionali (cosa di grande valore ma estranea alle finalità per cui si è motivato l’investimento) ed addirittura rimarrà in via definitiva all’estero“.

"La normativa - conclude Marini - fino al 2019 prevedeva 0,06 posti letto ogni 1000 abitanti di terapia intensiva e 0,03 di terapia subintensiva cosa che era pienamente rispettata, poi modificata dopo il Covid con le nuove norme per l’emergenza".
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