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Umbria, tante case ma poco in affitto. E a prezzi da capogiro. Berlenghini: "Servono più tutele per i proprietari"

L'analisi della Borsa immobiliare della Camera di commercio: 377 mila abitazioni, una su cinque rimane vuota

Catia Turrioni

15 Maggio 2025, 13:19

Mercato immobiliare in Umbria

Affitti alle stelle in Umbria

Molte case, ma poche in affitto. Tanto che in Umbria un immobile su cinque resta vuoto. “Non è una questione di scarsità, ma di accessibilità reale – conferma Paola Berlenghini della Borsa immobiliare dell’Umbria – tanti proprietari non vogliono affittare, non perché manchi la domanda, ma perché temono di perdere il controllo dell’immobile. I problemi sono noti: morosità, tempi biblici per ottenere lo sfratto, mancanza di garanzie concrete. Serve un nuovo patto di fiducia, altrimenti resteremo prigionieri di un mercato sterile”.


I numeri sono quelli elaborati dalla Borsa immobiliare della Camera di commercio dell’Umbria: nell’intero territorio regionale ci sono oltre 377 mila immobili, una densità elevata rispetto alle popolazione residente, il 20% dei quali classificato come seconda casa. Nella maggior parte dei casi si tratta di residenze che restano inutilizzate per gran parte dell’anno o affittate per periodi saltuari. Inoltre, più del 60% del patrimonio immobiliare è in classe energetica F o G il che si traduce in isolamento insufficiente, consumi elevati, scarsa efficienza e, a partire dal 2030, rischio di esclusione dal mercato secondo gli obiettivi europei del Green Deal. “Spesso domanda e offerta non si incrociano – evidenzia Berlenghini – Il potenziale inquilino cerca canoni contenuti, arredi di qualità, luminosità, fibra ottica, facilità di parcheggio. Dall’altra parte, invece, si vogliono rassicurazioni sul candidato conduttore e sulla sua capacità reddituale oltre che garanzie di pagamento”. Così i prezzi degli affitti sono ormai fuori controllo: in centro storico, un trilocale arredato può costare tra 400 e 700 euro al mese, mentre nelle zone più esclusive del Trasimeno o della Valnerina si sfiorano i 1.500 euro, con casi eccezionali di casali ristrutturati che arrivano a 3.000 euro mensili. Un quadro che rende difficile per studenti, giovani coppie e lavoratori precari trovare sistemazioni dignitose e a prezzi ragionevoli.


La situazione si aggrava ulteriormente in campagna, dove il turismo breve, alimentato dall’effetto Airbnb, ha preso il sopravvento, lasciando le case libere per periodi più lunghi solo in teoria. Le locazioni turistiche, ufficialmente circa 3.000, sono stimati in realtà oltre 5.000, tra affitti in nero e dichiarazioni parziali, contribuendo a svuotare i centri storici e a indebolire il tessuto sociale delle città.
Il turismo breve, infatti, si rivela più remunerativo e meno rischioso per i proprietari, che preferiscono affittare per piccolissimi periodi piuttosto che impegnarsi in contratti stabili. Questo fenomeno, se da un lato porta benefici economici immediati, dall’altro rischia di trasformare le città umbre in musei a cielo aperto, prive di residenti e di quella vitalità che solo le famiglie e i lavoratori possono garantire. A Perugia, Orvieto, Spoleto e Todi, sempre più proprietari scelgono di destinare gli appartamenti al turismo breve. Un bilocale ben posizionato può fruttare tra 135 e 170 euro a notte mentre in campagna, soprattutto con piscina o vista panoramica, si arriva fino a 810 euro a notte. “Il turismo breve è più remunerativo, consente maggiore rotazione e offre meno rischi legali - evidenzia Berlenghini - Ma così si svuotano i centri storici e si perde il senso di comunità”. Un segmento in crescita è quello degli affitti di media durata: tra i due e i dodici mesi. Questa formula attira studenti internazionali, insegnanti fuori sede, lavoratori in smart working o professionisti temporanei.
Berlenghini auspica un tavolo di lavoro che vede insieme rappresentanti istituzionali, del comparto edilizio e di quello immobiliare in maniera tale da gestire al meglio la trasformazione urbana a cui stiamo assistendo.


Ma il primo passo, evidenzia Berlenghini, deve essere quello della riforma della legge che regola il mercato delle locazioni, la 431/1998, che ha ormai 27 anni. “È una legge vecchia, inadatta, che non tiene conto della realtà – accusa Berlenghini –. Va riscritta da capo. Bisogna introdurre procedure di sfratto rapide, tutele reciproche, incentivi reali per chi decide di affittare a lungo termine”. E poi servono patti locali tra Comuni e proprietari, un’alleanza fondata su reciproci impegni. “Il Comune che offre sgravi fiscali, semplificazioni burocratiche, servizi pubblici efficienti in cambio di una destinazione dell’immobile a uso residenziale per almeno cinque anni può essere una soluzione - spiega Berlenghini - rigenerare il patrimonio edilizio sia pubblico che privato può diventare anche uno strumento per rigenerare i centri storici e portarvi residenti. Quella degli affitti brevi, almeno per l’Umbria, non può essere vista come una soluzione per far ritornare a vivere il cuore delle città, piccole o grandi che siano. Può essere vero per Venezia, che attira turisti tutto l’anno ma non per i nostri borghi”.

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