Venerdì 05 Settembre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

LIVE

logo radio

Attualità

Fuga dei medici di famiglia, solo in 16 hanno accettato l'ingresso ai corsi su 45 posti disponibili. I dubbi sul ruolo unico

In una missiva inviata alla Regione i camici chiedono un confronto sulla nuova organizzazione ed evidenziano "una sempre meno attrattività di questa professione nelle nuove leve"

Alessandro Antonini

25 Maggio 2025, 08:29

Sanità, mancano 169 medici di base ed ex guardie mediche: spunta il report sulle aree carenti

Medici di base, sempre meno adesioni al corso di formazione

Medici di base, una professione sempre meno attrattiva.Nell’ultimo test d’ingresso per il Corso di formazione specifica in medicina generale in Umbria, hanno accettato l’ingresso in formazione solo 16 medici su 45 posti messi a bando, a riprova di una sempre meno attrattività di questa professione nelle nuove leve”. E’ uno dei passaggi della lettera aperta inviata dai corsisti alla presidente della Regione. Una lettera che esprime innanzitutto “preoccupazione” per l’entrata in vigore del ruolo unico, previsto dal nuovo Accordo collettivo nazionale. Un tema che “solleva numerosi dubbi che meritano di essere discussi e chiariti affinché si possa garantire un’assistenza sanitaria di qualità e un ambiente di lavoro sostenibile per i medici del settore”. Al sempre maggior carico di lavoro che il medico di medicina generale si trova a dover affrontare, si chiede adesso di “aggiungere ore lavorative - è scritto nella lettera - al di fuori di quelle svolte nel proprio ambulatorio, annullando la differenza lavorativa e contrattuale tra medico a ciclo di scelta (cioè quello con i propri pazienti in ambulatorio) e medico a ciclo orario (ex guardia medica)”. Ma con quali regole dovrebbe avvenire il tutto? “All’avvicinarsi della data di pubblicazione del bando per le zone carenti regionali, sono ancora poco chiare, se non del tutto assenti, le condizioni che dovrebbero regolare il ruolo unico. In primo luogo - affermano i corsisti - è fondamentale chiarire quali siano le funzioni specifiche da svolgere all'interno delle tanto acclamate case di comunità e quali orari saranno previsti per tali attività. La prospettiva imminente è infatti quella per cui il medico, dopo aver terminato le visite in ambulatorio, dovrà svolgere ore di lavoro in altre strutture (casa di comunità, ospedale di comunità, aft), attività che tolgono spazio e tempo per svolgere con le adeguate tempistiche le proprie visite ambulatoriali, o per andare a effettuare visite domiciliari o ancora per gestire l’abbondante lavoro di back office (rispondere a chiamate, email, aggiornare le cartelle cliniche, svolgere attività di formazione...). Il rischio è quello di aumentare lo stress e la fatica, senza un’adeguata regolamentazione e rendendo sempre più frammentata l’assistenza sanitaria offerta ai cittadini”.

Negli ultimi anni, inoltre, nella medicina generale “si registra un trend crescente della presenza femminile, motivo per cui un’attenta visione del futuro della professione deve tenere conto delle esigenze specifiche delle donne mediche. Come può ad esempio una neo-mamma adempiere a turni notturni e festivi oltre al proprio ambulatorio, senza considerare le proprie esigenze di salute e di famiglia? Questa organizzazione del lavoro rischia di essere poco sostenibile e di aumentare le disparità di genere”, è scritto ancora nella missiva.

Altro aspetto fondamentale è il rapporto di fiducia tra medico e paziente. Con l’introduzione delle case di comunità, “si rischia di venire meno a quel rapporto personale e di stima che si costruisce nel tempo tra medico e paziente, a favore di un rapporto più impersonale e orario-dipendente, in cui il cittadino potrebbe non riuscire più a rivolgersi al medico che conosce la sua storia clinica, ma troverà un medico di turno in una determinata fascia oraria che di lui non sa nulla. Questo cambiamento potrebbe influire negativamente sulla qualità dell’assistenza e sulla continuità delle cure. Inoltre, i pazienti dei piccoli borghi e delle zone più remote dovranno spostarsi verso le case di comunità, con relativi problemi per gli anziani e i più fragili che spesso non si muovono autonomamente, rischiando di ridurre l’accessibilità alle cure”, scrivono i medici corsisti.

È nell’interesse di tutti ridurre i rischi legati al nuovo “ruolo unico”, serve una mediazione istituzionale. “In assenza di un’efficace interlocuzione e perdurando l’attuale condizione di incertezza - scrivono i camici - ci vedremo costretti a rinunciare alle convenzioni già stipulate, lasciando così migliaia di cittadini umbri senza medico di medicina generale”. Si auspica così un “dialogo aperto e costruttivo con le istituzioni, al fine di trovare soluzioni che possano realmente migliorare il servizio sanitario della nostra regione, senza compromettere la qualità dell'assistenza né per i cittadini né per i professionisti che vi operano".

Servizio completo nell'edizione del 25 maggio del Corriere dell'Umbria

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie