Cresce l'allarme
L'Anmil di Terni chiede più sicurezza sul lavoro
"Guardo ai dati sul fenomeno infortunistico con crescente preoccupazione anche quest'anno e per questo motivo ritengo, innanzitutto, che si debba tornare a parlare con serietà anche della tutela delle vittime del lavoro e delle loro famiglie, che spesso sembra essere poco considerata". Così il presidente territoriale dell'Anmil di Terni, Giovanni Baccarelli. "Dietro ai freddi dati che pubblica mensilmente l’Inail, ricordo che - afferma - ci sono le storie personali di donne e uomini che hanno visto la loro vita cambiare per sempre e ai quali dovrebbe essere garantita la migliore tutela possibile, sia dal punto di vista delle prestazioni economiche che da quello delle prestazioni sanitarie fino al reinserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro.
In questo Primo Maggio - continua il presidente dell'Associazione mutilati ed invalidi del lavoro di Terni - ci appelliamo ad ogni realtà istituzionale e civile per superare insieme il mero cordoglio di drammi incommentabili – ai quali siamo tristemente abituati ad ogni lettura di quotidiano - per affrontare di petto il dramma nazionale che caratterizza in ogni aspetto il sistema lavorativo del nostro Paese.
Un Paese che continua a contare 3 morti al giorno sul posto di lavoro. Un Paese nel quale lo sfruttamento della forza lavoro si è integrato nei meandri della normativa, dei contratti, del sistema degli appalti, nella micro e macroeconomia della nostra produzione. Un Paese nel quale il lesinare nella sicurezza dei lavoratori non appartiene più al mondo del sommerso, non viene più perpetrato nell’oscurità dell’illegale, ma che invece è visibile alla luce del giorno, negli sguardi rivolti da ognuno ai tanti cantieri stradali e cittadini, alle campagne alle porte delle città, ai semafori delle nostre strade, dove spesso incrociamo anche la fretta dei rider in bicicletta e dei furgoni intenti nelle loro consegne.
Perché in questo Primo Maggio - continua Baccarelli - è importante sottolineare, a gran voce, che a perdere la vita sul lavoro
sono principalmente i lavoratori privi di alternative, costretti a rimanere sulle impalcature sino ai 70 anni, obbligati a reinventarsi in nome del progresso tecnologico che supera le competenze acquisite, sostituendosi in maniera dirompente alle capacità specifiche richieste dalle mansioni lavorative, frutto di anni di esperienza. In questo Primo Maggio dobbiamo ricordare che a morire sono principalmente gli operai minacciati dalla fretta della produttività, i lavoratori agricoli sostituibili in un batter di ciglio al primo cedimento di fronte a turni di lavoro massacranti. A morire sono i lavoratori stagionali vittime del disprezzo verso la vita umana dettato dalle migliaia di finte cooperative costituite all’occorrenza della necessità temporanea di manodopera. Dunque, non parliamo più di “fenomeno” ma di “sistema” e sulla base di questo assunto mobilitiamoci, ognuno per mezzo delle proprie realtà e competenze, per chiedere giustizia, dignità, chiarezza delle responsabilità di tale modus operandi ormai sedimentato. Facciamo in modo che - conclude - il prossimo Primo Maggio abbia un sapore meno amaro".
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy