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Cronaca

Spoleto, dimessa per tosse ma in realtà era un ictus: dottoressa condannata a pagare dalla Corte dei Conti

Per l’episodio del 2018 la professionista all'epoca in servizio al pronto soccorso ha scelto il rito abbreviato sborsando 24.500 euro di risarcimento all'Usl Umbria 2

25 Maggio 2025, 12:25

Spoleto, dimessa per tosse ma in realtà era un ictus: dottoressa condannata a pagare dalla Corte dei Conti

Paziente si presenta in Pronto soccorso con “dolore toracico”, viene visitata e dimessa con diagnosi di “tosse”, ma l’indomani scatta il ricovero d’urgenza per “ictus, infarto, fibrillazione atriale, polmonite e tabagismo”. È successo nell’ottobre 2018 al Pronto soccorso di Spoleto dove all’epoca dei fatti prestava servizio la dottoressa che, citata in giudizio dalla Corte dei Conti, ha optato per il rito abbreviato e pagato 24.500 euro in favore della Usl 2. La stessa azienda sanitaria, invece, ha già versato 70 mila euro alla paziente vittima dell’errata diagnosi dopo aver definito coi suoi legali un accordo stragiudiziale “prevedendo la sicura soccombenza in caso di contenzioso” in tribunale.

In base a quanto emerge dagli atti della Corte dei Conti, la paziente si è recata al Pronto soccorso del San Matteo degli Infermi lamentato un dolore toracico, ma il “medico di guardia, dopo aver fatto eseguire esami ematobiochimici e una radiografia del torace, l’ha dimessa con diagnosi di tosse”. La donna il giorno seguente è stata, però, “ricoverata in via d’urgenza nel reparto di Neurologia dell’ospedale di Foligno per un ictus ischemico parietale sinistro, fibrillazione atriale, infarto del miocardio in sede anteriore, polmonite e tabagismo”, è scritto in sentenza. Alcuni mesi dopo, siamo nel febbraio 2019, la paziente ha presentato alla Usl 2 una richiesta di risarcimento del danno che è stata esaminata dal Comitato gestione sinistri della stessa azienda sanitaria “mediante visite medico legali di tre consulenti, i quali concordemente hanno valutato come non adeguata la gestione” della paziente in Pronto soccorso. In particolare, secondo i periti il dolore toracico lamentato dalla donna “avrebbe dovuto comportare, secondo le linee guida vigenti, l’esecuzione non solo dell’esame radiografico, ma anche di un ecocardiogramma a riposo a 12 derivazioni entro dieci minuti dal primo contatto medico e dosaggi di biomarcatori, in particolare delle troponine cardiache, i cui valori sarebbero stati fondamentali per procedere a una corretta diagnosi”, come si legge in sentenza.

In particolare, secondo i consulenti questi accertamenti avrebbero permesso di stabilire “se le cause all’origine della dispnea e del dolore toracico erano di natura cardiaca o polmonare”, mentre avendoli omessi si è “determinato - secondo i medici legali - un ritardo nella diagnosi dell’infarto miocardico acuto e la conseguente impossibilità di intervenire più tempestivamente per evitare danni maggiori”. In questo quadro, la Procura della Corte dei Conti ha chiesto la condanna della dottoressa al pagamento di 70mila euro, ovvero il valore equivalente del risarcimento già sborsato dalla Usl2, ma la professionista, attraverso i propri legali, ha chiesto di poter accedere al rito abbreviato, offrendo il pagamento immediato del 35 per cento dell’addebito, cioè 24.500 euro. La Procura ha espresso parere favorevole e i giudici della Corte dei Conti hanno accolto l’istanza.

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