Attualità
La procura di Perugia
Trent’anni di silenzi, risposte negate, verità sepolte. Come il corpo di Luana Pinti, Lulù, bella, vitale, solare coi suoi 21 anni bruciati in una notte, che giace in un loculo, dentro una cassa dopo che la notte del 22 ottobre 1995 è stata straziata da tre auto, una dietro l’altra, sulla E45. La prima, che l’ha travolta all’altezza di Collestrada, poi altre due, guidate da due ragazze, che hanno testimoniato di non averla vista, distesa sulla carreggiata sud. Chi l’ha falciata avrebbe detto di averla trovata già stesa a terra.
Sei coppie di pneumatici hanno infierito. È morta come muore un animale.
Oggi sua sorella Talita e la cugina Giorgia vogliono riaprire il caso. La salma proprio ad ottobre potrebbe essere estumulata e cremata. Con le nuove tecniche d’indagine e relative strumentazioni si potrebbero tentare accertamenti più approfonditi, a cominciare dai profili genetici. Le zone d’ombra in questa vicenda sono tante, troppe, per un fascicolo che venne archiviato come suicidio.
Quella sera, come tante altre, Lulù - residente a Gubbio ma spesso a Roma ospite di amici - era al Red Zone con gli amici di sempre e il fidanzato, che lei stessa - fa sapere la sorella - aveva lasciato da qualche giorno. Ad un certo punto lascia tutto nella discoteca, borsa ed effetti personali, e si allontana.
Viene ritrovata senza vita a due chilometri e mezzo di distanza, direzione sud, sull’asfalto. Luana «aveva voglia di vivere», riferiscono sorella e cugina, anche se aveva problemi come tanti coetanei, ma mai così evidenti da far pensare a un gesto estremo maturato in quelle condizioni, in una serata che doveva essere solo di divertimento. Dopo una camminata in piena notte lungo la quattrocorsie. Una testimone, amica del cuore di allora, ha rivelato di averla vista litigare animatamente con l’ex e lei stessa le avrebbe confidato che quella notte aveva un appuntamento in un parcheggio. Non si sa però con chi. La madre di Lulù, di origini brasiliane, per tre anni si è trasformata in detective per cercare di scoprire qualcosa, ma poi si è arresa a una malattia rafforzata dal dolore indicibile della morte della figlia. È sempre stata convinta che quella sera le fosse successo qualcosa. Mesi dopo è stato scoperto e disarticolato dai carabinieri del Ros un imponente giro di droga tra Roma e Perugia, con un traffico di ecstasy che aveva coinvolto alcuni conoscenti di Luana. Le ragazze venivano «utilizzate» per fare entrare le pasticche dentro la pista, nascoste negli indumenti, per evitare i controlli. Che Luana avesse l’intenzione di tirarsi fuori da un eventuale coinvolgimento o comunque denunciare qualcosa? Sempre un’amica dice di aver visto una conoscente frugare nella borsa della 21enne per poi estrarre e strappare un biglietto con alcuni nomi.
«Siamo sicuri che mia sorella non si è suicidata - dice Talita - ci sono troppe cose che non tornano: perché si era allontanata così tanto, di notte, da sola? Scappava da qualcuno? In quel punto ci è stata portata? È stata spinta? Dall’autopsia non risultano assunzioni di rilievo di alcol o stupefacenti. Vogliamo sapere cosa è successo davvero, come e perché è morta Luana».
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