Attualità
Andrea ha sessant’anni, da quindici è malato di Sla, per cinque si è mosso in carrozzina, da dieci è inchiodato a un letto, non parla e non si muove, ha bisogno di assistenza 24 ore su 24. L’unico contatto con il mondo avviene attraverso un computer, che con un sistema di puntamento ottico consente al paziente di scrivere parole sullo schermo e comunicare. Gli occhi sono la sola cosa che riesce ancora a muovere e presto nemmeno quelli. Tante le persone con queste problematiche. Di questo e della situazione umbra si è parlato ieri in un convegno organizzato dalla Regione e dalla rete dei centri di Consulenza su ausili tecnologici per la disabilità.
L’Umbria ha un tasso di invecchiamento superiore a quasi tutte le regioni italiane e, con riferimento al supporto delle autonomie, con una percentuale di popolazione over 65 che vive da sola del 18,9%, spesso in situazioni isolate o disperse sul territorio. Secondo l’Indagine sulla salute e l’invecchiamento dell’Istat, la prevalenza delle situazioni di fragilità (intesa come persona a rischio di limitazione o perdita dell’autonomia, riduzione della capacità di svolgere le attività quotidiane, maggiore vulnerabilità a eventi avversi) è del 16,2% in Umbria (più di 138.000 persone).
Un dibattito sulle Tecnologie assistive che ha lo scopo di sollecitare una riflessione sull’urgenza di garantire domiciliarità in autonomia e sicurezza, per le persone disabili e anziane, anche in considerazione dell’evoluzione demografica, ma della recente adozione dei nuovi Lea a livello sanitario. A descrivere la situazione tecnologica attuale è l’ingegner Riccardo Magni, coordinatore del Centro Orientamento Ausili Tecnologici. “Nella gestione degli ausili per le persone disabili - spiega - il rischio e la criticità attuale è di essere limitato unicamente a un intervento sanitario, mentre noi sappiamo che gli ausili nella definizione nuova dell'Oms che risale già al 2016, sono apparecchiature che servono anche per aumentare il grado di partecipazione della persona alla vita relazionale sociale, quindi ovviamente non possono essere catalogati unicamente come sistemi terapeutici. Significa che molto spesso esistono soluzioni di mercato che non sono classificate come veri e propri mezzi di cura, che però se opportunamente adattate diventano di grande utilizzo per una persona che ha delle barriere alla partecipazione, e su questo si va dall’età infantile fino a persone molto anziane che possono beneficiare, magari di un semplice smartphone opportunamente adattato”.
Andando nel dettaglio, “un computer per puntamento ottico che serve ai malati di Sla per parlare e comunicare, non cura la malattia ma migliora le capacità relazionali e sociali del paziente. Parliamo quindi di inclusione di persone con disabilità oltre che di cura medica”.
Ma come interverrà l’intelligenza artificiale? “Entrerà negli ausili ed entrerà nelle modalità anche di relazione tra le persone. L’altro punto fondamentale sono i costi, cioè i costi in realtà nell'utilizzo di sistemi di largo consumo sono molto piùbassi rispetto a sistemi specifici, questo ovviamente fa sì che sia possibile con lo stesso budget accontentare molto più persone”. Il problema è grande soprattutto perché le necessità dei singoli casi si scontrano con il mondo della burocrazia, spesso incapace di guardare oltre un semplice calcolo ragionieristico, di non avere sempre i giusti atteggiamenti per affrontare una situazione tanto delicata.
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