LA CRISI DEL COMMERCIO
Una saracinesca che scende, lentamente, e un pezzo di città che sembra spegnersi con lei. Play Baby, lo storico negozio di scarpe per bambini nel cuore di Foligno, in Corso Cavour, ha avviato la chiusura definitiva con la svendita totale dal 15 novembre. Dopo decenni di attività, di prime camminate accompagnate, di scarpette allacciate con cura e di generazioni di famiglie passate da quel piccolo punto vendita, la crisi del commercio tradizionale dà il suo colpo più duro.
Per molti folignati Play Baby non era semplicemente un negozio, ma un riferimento affettivo: il luogo dove si tornava quasi per rito, dove ogni bambino trovava “la sua” scarpa e ogni genitore riceveva un consiglio sincero. Negli ultimi anni, però, la morsa della concorrenza online, i costi crescenti e un centro cittadino sempre meno frequentato hanno reso insostenibile proseguire.
La parabola di Play Baby è la stessa attraversata da moltissime attività storiche del centro di Foligno, negozi che hanno fatto l’identità dei quartieri, oggi schiacciati tra affitti crescenti, margini ridotti e nuove abitudini di acquisto. Una transizione che colpisce soprattutto il settore dei bambini, un tempo considerato “sicuro” perché legato al bisogno primario, ora invece sempre più spostato sulle piattaforme digitali, dove le famiglie confrontano prezzi e modelli in pochi secondi.
Nei giorni scorsi si era accesa una polemica sulla crisi del commercio a Foligno. Protagonisti del confronto – tutt’altro che morbido – sono stati Aldo Amoni, presidente di Confcommercio, e il sindaco Stefano Zuccarini, che da giorni si rimpallano responsabilità e letture opposte sulla crisi del commercio locale.
Amoni, da sempre voce del mondo delle imprese, ha denunciato «una città che sta perdendo pezzi», accusando l’amministrazione di non aver messo in campo misure adeguate per sostenere gli esercenti, né strategie capaci di riportare persone e vitalità nelle vie storiche. «Foligno non può permettersi di vedere chiudere una dopo l’altra attività simbolo della comunità – ha dichiarato –. Servono politiche serie, incentivi veri, non slogan».
Affermazioni che non sono piaciute al sindaco Zuccarini, il quale ha ribattuto parlando di «critiche strumentali» e ricordando gli interventi messi in campo dal Comune negli ultimi anni: dai contributi post‑pandemia agli eventi di richiamo, fino alle politiche di viabilità e parcheggi. «La crisi del commercio non è un fenomeno locale, riguarda tutta Italia – ha puntualizzato –. Pretendere che un’amministrazione comunale risolva da sola problemi strutturali è poco realistico».
La replica di Amoni non si è fatta attendere: «Nessuno chiede miracoli, ma visione sì. E soprattutto ascolto. Gli operatori non possono essere lasciati soli in una fase così delicata». Il presidente Confcommercio ha anche rilanciato la necessità di «un tavolo permanente sul futuro del centro storico», coinvolgendo categorie, residenti e istituzioni.
Il botta e risposta ha acceso il dibattito in città, tra chi chiede all’amministrazione più coraggio sulle politiche urbane e chi denuncia, oltre all’online, i costi insostenibili e la scarsità di servizi come cause principali dell’emorragia di negozi.
Intanto le saracinesche che si abbassano continuano a essere un segnale visibile e preoccupante: simbolo di un centro che cerca un nuovo equilibrio, mentre politica e associazioni discutono su chi debba guidare davvero il cambiamento.
La sensazione, al di là delle polemiche, è che Foligno abbia bisogno di un progetto condiviso e concreto per restituire vita e attrattiva al cuore della città. Solo così – commercio, istituzioni e cittadini insieme – si potrà invertire la rotta.
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