Lunedì 22 Settembre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

LIVE

logo radio

SISMA

Perché il terremoto in città? Carlo Doglioni (presidente Ingv): "Scossa nel cuore di Foligno, singolare ma non anomala". L'intervista

Sergio Casagrande

05 Marzo 2025, 11:52

Perché il terremoto in città? Carlo Doglioni (presidente Ingv): "Scossa nel cuore di Foligno, singolare ma non anomalo". L'intervista

Carlo Doglioni, presidente Ingv (Foto Fabio Cimaglia / LaPresse)

Il terremoto è tornato a farsi sentire in Umbria. Ancora una volta di notte, ancora una volta svegliando di soprassalto migliaia di persone. L’orologio segnava l’1.55 di ieri mercoledì 5 marzo quando la terra ha tremato con una scossa di magnitudo 3.5. Un movimento secco, senza segnali premonitori e senza repliche. Nulla di paragonabile ai grandi sismi che, purtroppo, noi umbri conosciamo fin troppo bene. Ma questa volta c’è stata una particolarità che ha reso l’evento insolito, se non unico nel suo genere: l’epicentro non era tra le montagne, non in una zona isolata. Era in pieno centro urbano, proprio a Foligno. E con un ipocentro a 10,1 chilometri sotto la crosta terrestre, quindi neanche troppo profondo. E qui sta il punto.

Perché, pur essendo Foligno e il suo circondario un’area a rischio sismico ben noto, nessuno, a memoria d’uomo, ricorda un terremoto con epicentro nel cuore della città della Quintana. Ecco perché la scossa è stata percepita come più forte di quanto non fosse realmente. Un conto è un terremoto sulle montagne circostanti, un altro è sentirsi tremare la casa sotto i piedi, in una zona pianeggiante e densamente abitata. Il risultato? Una notte di paura. Molti hanno preferito scendere in strada e restare all’aperto, temendo repliche. Una paura che ha spinto quattro sindaci - Foligno, Spello, Trevi e Montefalco - a tenere chiuse le scuole nella giornata di ieri. A Foligno, Spello e Montefalco restano chiuse anche oggi, in via precauzionale. Per avere una spiegazione scientifica di quanto accaduto, abbiamo posto alcune domande al professor Carlo Doglioni, geologo e presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

- Professor Doglioni, magnitudo lineare 3.5. Nulla di paragonabile a quanto di peggio la storicità ricorda nel Folignte e in Umbria. Un terremoto quindi non certo anomalo, ma con un epicentro che, comunque, può essere definito insolito?

Sì, effettivamente, non stiamo parlando di una scossa particolarmente forte perché sappiamo che di questa natura, in Italia, ne avvengono di media 150-200 ogni anno. E nel 99 per cento dei casi non si evolvono in altro. In nessun modo, quindi, si può definire una situazione anomala. E’ vero, comunque, che l’epicentro è in un punto che storicamente non è ricordato per aver generato direttamente movimenti sismici.

- Possiamo perciò definirla una stranezza?

No, assolutamente. Può apparire singolare, ma in realtà potrebbe non essere così perché bisogna tener conto che la storicità si basa su due elementi: il ricordo verbale e, soprattutto scritto, degli uomini; e le rilevazioni effettuate dagli strumenti.
Può succedere, quindi, che ne abbiamo smarrito le testimonianze. Oppure che, da quando usiamo le strumentazioni, in quel punto non sia stata effettuata alcune registrazione di rilievo. Per cui direi che non c’è nulla di strano. D’altronde Foligno si trova all’interno di una piana che è una pianura meravigliosa che deve la sua attuale forma geografica proprio all’origina tettonica della zona. La piana di Foligno è una struttura che noi chiamiamo “grave”, ovvero una sorta di fossa in cui la crosta terrestre si abbassa. E, dentro questa conca, si trovano depositati i sedimenti su cui, nei secoli, è stata costruita Foligno. Le strutture che hanno creato questa fossa, ovvero in geologia questo “grave”, sono faglie attive. E il fatto che noi di scosse telluriche qui, esattamente qui, non ne ricordiamo altre non significa affatto che non ci siano mai state. Né che un giorno possano tornare ad esserci. Le strutture che hanno generato questa scossa, quindi, appartengono a un’area che ritenevamo già sismicamente attiva. E questa scossa, dal punto di vista scientifico, la consideriamo come la conseguenza naturale di una zona con caratteristiche di effettiva sismicità.

- Quindi un evento che trova una spiegazione scientifica. Ma la trova anche nel fatto che non ci siano state altre scosse, anche semplicemente strumentali, dopo?

Sì e per lo stesso motivo. Non è un’anomalia anche il fatto che sia stato un colpo solitario, chiamiamolo così. L’arco temporale in cui si ripetono gli eventi e i movimenti tellurici a volte possono essere ampissimi. Anche di molti anni.
Ci sono delle dinamiche molto complesse e sulla generazione del terremoto possono incidere molteplici fattori: il principale è la tensione crostale. Questa tensione sappiamo che cresce nel corso degli anni. E sappiamo anche può rilasciare la sua energia all’improvviso, con sciami brevi, lunghi o istantanei.
Prevedere un terremoto resta impossibile, ma gli studi - soprattutto quelli sulla storicità - ci aiutano a capire le aree di maggior rischio, perché sono quelle dove sappiamo che sono accaduti terremoti anche devastanti, ma i fenomeni non si sono più manifestati da troppo tempo. Foligno, nel suo caso sappiamo essere stata una città che ha già sofferto pesantemente i danni dai terremoti generatesi nelle faglie nelle sue vicinanze. I terremoti del 1997 e del 1998 hanno causato danni gravissimi al Folignate. Questo ci rassicura da una parte che l’energia accumulatasi in certe aree si è scaricata. Ma non possiamo dirlo che lo stesso sia avvenuto in altre parti.

- Quindi possono esserci altre scosse con lo stesso epicentro?

Probabile che questo sia davvero un evento isolato. Ma non si può escludere categoricamente che possano esserci altri terremoti e anche più forti di questo. Dal punto di vista scientifico non c’è alcuna anomalia, lo ribadisco, e non c’è neppure particolare preoccupazione, ma in fatto di terremoti previsioni esatte, come sappiamo, non si possono fare.
Ripeto, scosse come questa, nel 99 per cento dei casi si esauriscono in nulla di più, ma non posso dare rassicurazioni totali perché, in rarissimi casi, sappiamo che certi eventi possono comunque evolversi in sequenze più importanti, anche a distanza di settimane o di mesi. C’è una piccola percentuale di probabilità, bisogna esserne consapevoli, che anche piccoli terremoti talvolta possono essere precursori di altri eventi. La Terra d’altronde è sottoposta costantemente alla forza di gravità e questa forza di gravità spinge costantemente sulla crosta del nostro pianeta: nessuno oggi, può dire, con quali effetti e quando si manifestano i suoi effetti.

- Presidente, qual è in generale la situazione attuale della sismicità nel centro Italia e c’è qualche collegamento con gli eventi tellurici che si stanno registrato nell’area dei Campi Flegrei e attorno all’isola di Santorini?

Nei Campi Flegrei è in corso una sismicità legata ai movimenti dei terreni che appartengono all’area di una grande caldera vulcanica. E quello che accade nel resto d’Italia e a Santorini non ha nulla a che vedere con quello che si sta registrando in quest’area della Campania. Qui i terremoti sono generati dall’attività magmatica - e ai suoi livelli di pressione - di un vulcano da sempre attivo. Anche a Santorini è presente un vulcano, ma qui i movimenti risentono dell’attività estensionale della crosta terrestre presente sotto il mare Egeo. Sono, insomma, tutti fenomeni separati tra loro. E l’Appennino centrale ha una sua dinamicità e una sua vita caratterizzata da movimenti estensionali anche molto più lenti di quelli che accadono nel corso della storia sia ai Campi Flegrei che a Santorini.

- Ma nell’area del cratere che include Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, può dirsi esaurita la crisi sismica che è nata nel 2016? Oppure è ancora in atto? E cosa rilevano gli strumenti di Ingv in questo periodo?

Rilevano che c’è ancora una leggera sismicità. Come nel terremoto dell’Irpinia del 1980 che, durò in realtà, per più di un decennio, qui si sta ancora ripetendo un’attività sismica di che noi chiamiamo di aftershock. E’ un fenomeno che, comunque, sta sicuramente rallentando. Probabilmente l’area del cratere 2016 giungerà di nuovo in quiescenza sismica. E questa situazione potrebbe durare nuovamente per decine di anni, se non addirittura altri secoli. Ma dovremo vigilare attentamente sulle aree adiacenti, quelle che noi definiamo in “lacuna sismica”: sono le aree che sappiamo essere sismiche e che sono inattive da troppo tempo Sono proprio queste le aree dove dobbiamo attenderci in futuro, con maggiore probabilità, nuovi terremoti - anche forti se nel passato remoto sappiamo esserci stati - perché sappiamo che ci saranno, anche senon potremo mai sapere quando si verificheranno.

- Qual è il lavoro che al momento sta svolgendo Ingv?

Stiamo studiando attentamente, appunto, queste aree di “lacuna sismica”. E puntiamo a monitorarle.
Stiamo estendendo tutte le reti tecnologiche possibili: sismica; geodetica, gravimetrica; e stiamo realizzando pure un’innovativa rete idrogeochimica.

- Idrogeochimica?

Sì, servirà a monitorare le falde acquifere, le sorgenti, perché - per una descrizione in estrema sintesi - sappiamo che le acque rispondono alle variazioni del campo di stress delle rocce. Siamo quindi fiduciosi che, studiando il loro comportamento, si possano individuare, un domani, anche dei fattori precursori dei terremoti.

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie