Economia
Quando dici un posto di confine. Pomario è fra l’Orvietano e il Trasimeno, incastonato fra l’Umbria e la Toscana. Il Lazio all’altro angolo del cielo.
Quando pensi di non vederlo più, Pomario eccolo apparire nel bosco. Un poggio che era un rudere, divenuto una cantina che fa vini buoni. Torniamo al casale dopo 10 anni dalla prima volta: la stessa strada bianca, gli ulivi, la vigna che si concede solo un po’, nascosta dagli alberi. Giangiacomo Spalletti Trivelli e la moglie Susanna d’Inzeo, figlia del campione di equitazione Raimondo, hanno più vini di allora (erano solo all’inizio, adesso presentano una gamma) e la stessa incrollabile convinzione: fare vino di qualità dopo aver rimesso in piedi un luogo dimenticato. Per la verità il conte Giangiacomo aveva da tempo questo pallino: il desiderio di riprendere la tradizione familiare legata al vino, risalente a fine Ottocento. Venceslao Spalletti Trivelli, senatore del Regno assieme alla moglie Gabriella Rasponi, nipote di Carolina Bonaparte, decisero infatti di comprare un’azienda in Toscana dove successivamente il figlio Cesare, nonno di Giangiacomo, iniziò la produzione di un Chianti molto rinomato. Chi lo ha bevuto, ancora si ricorda con molto piacere, il Chianti Spalletti, prodotto fino ai primi anni ‘70. I conti Giangiacomo e Susanna decisero, da Roma, di tornare a fare un sopralluogo a Pomario: amore a prima vista per quel poggio molto luminoso e isolato, elevato a 500 metri sul livello del mare.
Via dalla Città eterna, lo chiamano buon retiro, ma qui c’è da lavorare: vigneti da reimpiantare, tenuta da ristrutturare, prime sperimentazioni in cantina da sudare con Federica De Santis, agronoma, e Mery Ferrara, enologa. La prima vinificazione a Pomario, nel 2009, è leggendaria: fatta nella rimessa degli attrezzi, un tonneau di Sangiovese e una barrique di Trebbiano e Malvasia, i futuri Sariano e Arale. Passione e destino. Qualcuno consigliò di inviare dei campioni al concorso di Decanter e Sariano, con grande sorpresa, vinse la medaglia d’argento. Da allora Sariano non ha mai lasciato la medaglia, destreggiandosi sempre tra il bronzo e l’argento, ai Decanter World Wine Awards. La sua personalità ed eleganza, sono state provate in una verticale, di recente, a Pomario. Nel 2011 fu la volta dell’olio che ottenne il certificato biologico (è anche stato acquistato un piccolo frantoio). Fra i riconoscimenti ricevuti le 3 foglie del Gambero Rosso, le 5 gocce di Bibenda e, in ambito internazionale, una medaglia d’argento al Concorso internazionale di Parigi AVPA. L’Azienda agricola Pomario è di 230 ettari complessivi di cui 9 ettari a vigneto: una seconda vita fatta di intuizioni, lavoro e creatività. Il gusto di una scommessa. Vuoi mettere?
La filosofia e le convinzioni di Giangiacomo Spalletti Trivelli sono semplici solo all’apparenza. “I vini buoni - spiega - sono tantissimi. Noi cerchiamo di dare ai nostri vini personalità, legando la produzione ad un filo conduttore che parla di questo territorio. Amiamo questo posto e vogliamo che i nostri prodotti trasmettano l’amore per questa terra”.
Una storia di amore e di rispetto per la terra e la tradizione che, al passo con i tempi, diventa amore per il territorio grazie a un prodotto impareggiabile: il vino. A Pomario niente infatti è stato cancellato, tutto è stato rinnovato. La cantina è nata dalla ristrutturazione della vecchia rimessa degli attrezzi, concepita con modernità, conservando però lo stile del casale e riutilizzando, dove possibile, i materiali originali. L’oliveto ed il vigneto, se pur abbandonati da qualche anno, erano ancora in ottimo stato ed in perfetto equilibrio con l’ambiente.
Sono stati così recuperati e restaurati insieme al rudere dell’antico casale.
Il rispetto del territorio e l’attenzione agli equilibri ambientali sono state le linee guida della rinascita di Pomario. I conti Spalletti Trivelli, intuite le potenzialità di questo “agro ecosistema” incontaminato e di eccezionale rarità, hanno deciso di adottare un sistema di agricoltura biologico-biodinamica per mantenere inalterati gli equilibri naturali. Una scelta dettata dalla naturale conformazione del territorio, dove i vigneti sono posizionati in radure circondate da boschi, ad altitudini vantaggiose. L’energia utilizzata per la produzione di olio e vino proviene da un avanzato sistema geotermico e dall’uso del fotovoltaico che, oltre ad abbattere i consumi, hanno un limitato impatto ambientale sull’intero ecosistema. Ogni vino ha un nome legato al territorio, con attenzione anche ai piccoli volatili protagonisti della scena faunistica del luogo.
Rondirose, il rosè da uve di Sangiovese, Merlot e una piccola percentuale di Ciliegiolo, è ispirato alle rondini che volano sui roseti della tenuta. Batticoda, da uve Grechetto e una piccola percentuale di vitigni a bacca bianca, è il nome comune della Ballerina Bianca, che con le sue movenze sinuose si fa strada tra i campi di vite. Rubicola deriva dal latino Rubecula, che significa pettirosso. Questo vino dal colore rosso vivo, frutto di una vendemmia precoce, nasce da uve di Sangiovese e Merlot. Arale invece, è il nome del monte che sovrasta la vigna storica, di almeno 50 anni di età, piantata a Trebbiano e Malvasia. Questa è stata reimpiantata nelle parti mancanti con i cloni dalla vigna originaria.
Il filo conduttore della storia e della filosofia dei conti Spalletti Trivelli abbraccia quella di Sariano, un Sangiovese in purezza, che nasce dalle vecchie vigne di oltre 40 anni di età. Questo prende il nome di una proprietà di famiglia del 300-400 in provincia di Rovigo, Castello Di Sariano appunto, utilizzato dagli estensi come casino di caccia.
Una nota a sé merita il Muffato delle Streghe. Voluto fortemente dalla contessa Susanna d’Inzeo, incoraggiata dallo staff femminile dell’azienda (le Streghe di Pomario), l’enologa Mery Ferrara e l’agronoma Federica De Santis. Un nome particolare per un vino speciale; un nettare alcolico ottenuto grazie alla muffa nobile, Botrytis Cinerea che cresce benissimo nel vigneto delle streghe. Impiantato nel 2010, con le sue terrazze degradanti verso il bosco, si presta, in modo particolare, grazie alle viti di Riesling e Sauvignon Blanc, alla produzione di questo vino. In autunno, infatti, la nebbia rimane ferma nelle terrazze fino alla tarda mattinata, creando un’atmosfera “stregata” e dirada lentamente verso il bosco, lasciando spazio a pomeriggi assolati e ventilati.
Il filo conduttore che lega persone, progetti, filosofie di lavoro e di vita si chiude. Tutto questo è Pomario, una testimonianza di amore per l’essere e l’avvenire.
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