LO STUDIO
La rivoluzione della televisione
La morte di Pippo Baudo segna non solo la scomparsa di un gigante della televisione, ma rappresenta simbolicamente la fine di un'epoca che difficilmente tornerà. La televisione "baudiana", fatta di appuntamenti fissi, conduttori paterni e contenuti che attraversavano generazioni, è stata travolta da una rivoluzione digitale che ha cambiato radicalmente il rapporto degli italiani con l'intrattenimento.
Netflix e le piattaforme di streaming hanno rivoluzionato completamente le abitudini di consumo degli spettatori italiani. Se negli anni d'oro di Pippo Baudo le famiglie si ritrovavano davanti al televisore per seguire insieme i suoi programmi, oggi il pubblico associa l'intrattenimento televisivo non solo al televisore, ma a un'esperienza integrata con piattaforme digitali. I numeri parlano chiaro: a giugno 2020 si è registrata una crescita del 101% dell'uso dei servizi di streaming rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, come riporta digitaleducationlab. Una crescita che non si è fermata, tanto che i possessori di smart tv hanno incrementato il loro periodo sui canali streaming dal 41% al 47%, superando per la prima volta il consumo della tv tradizionale.
Il fenomeno del binge-watching ha completamente stravolto l'esperienza televisiva. Se Pippo Baudo educava il pubblico all'attesa settimanale dell'appuntamento televisivo, Netflix ha rivoluzionato il modo di guardare la televisione rilasciando le serie tv in un'unica soluzione per dare agli spettatori esattamente quello che chiedono: la libertà di guardare la televisione quando vogliono e per quanto tempo desiderano. Questa libertà ha però un prezzo: il controllo del tempo, passando nelle mani del consumatore, rende l'esperienza del tutto nuova ma genera anche nuove forme di dipendenza. Il binge-watching rischia di trasformarsi in una forma di dipendenza quando la persona sperimenta un forte desiderio di abbuffarsi di serie-tv trascurando altri ambiti della propria vita, come le relazioni sociali o l'attività fisica.
La vera rivoluzione è arrivata con i social media, che hanno frantumato l'attenzione in mille micro-contenuti. TikTok si conferma protagonista: con il 35,1% delle preferenze, è la piattaforma più utilizzata per cercare contenuti legati ai programmi tv, mentre il 61% degli intervistati dichiara di essere spinto a guardare un programma televisivo proprio grazie alle conversazioni e ai contenuti che trova sui social media.
Il fenomeno TikTok ha un impatto devastante sulla capacità di attenzione. Come riportato su boxofficebi, 1 utente su 2, ovvero la metà di chi usa TikTok, ha deciso di guardare un film/show di cui ha visto contenuti correlati su TikTok. Ma c'è di più: gli studi dimostrano che TikTok e video veloci sui social possano danneggiare la capacità di concentrazione e lo sviluppo cognitivo, creando una minore capacità di attenzione prolungata, che è però quanto necessario per studiare, lavorare con efficacia.
Il business model dei social, basato sulla cattura della nostra attenzione, sta sviluppando una società di persone meno efficienti, meno produttive, incapaci di sostenere la visione di contenuti lunghi come erano i programmi di Pippo Baudo. La percezione dell'assenza di sforzo nell'utilizzo di app come TikTok è positivamente influenzata dalla ridotta lunghezza dei video, creando un circolo vizioso che allontana sempre di più dal formato televisivo tradizionale.
I numeri del declino dell'intrattenimento televisivo sono impietosi. Il Grande Fratello ha subito un drastico calo negli ascolti rispetto ai suoi anni d'oro, con l'ultima edizione che ha toccato il minimo storico del 14,8% di share, come si legge in un articolo di Comingsoon. L'Isola dei Famosi 2025 ha registrato la finale meno vista della storia con 1.815.000 telespettatori, mentre programmi come The Couple hanno visto un calo vertiginoso degli ascolti, culminato in un deludente 7,5% di share. Questo crollo non è casuale: La saturazione del genere e la crescente disillusione del pubblico hanno portato a una riflessione più ampia sul declino dei reality show in Italia. Il pubblico sembra cercare contenuti più autentici e meno costruiti, ma soprattutto ha sviluppato nuove abitudini di consumo che rendono obsoleto il format televisivo tradizionale.
Tra i giovani si registra un totale rifiuto nei confronti dei media tradizionali. Instagram e TikTok sono utilizzati da un terzo dei giovani italiani tra i 14 e i 29 anni come principali fonti di informazioni, seguiti da Facebook e YouTube. Una generazione che, stando alla ricerca di thinkwithgoogle, ha tempi di attenzione lunghi che permettono di guardare video long-form su YouTube quando si tratta dei loro interessi, ma che rifiuta completamente i format televisivi della generazione di Baudo. Il paradosso è evidente: i giovani sono sempre più disposti a consumare contenuti video che durano diverse ore sugli argomenti che li appassionano, ma solo se possono scegliere quando, come e cosa guardare. La televisione lineare, con i suoi orari fissi e la sua programmazione decisa dall'alto, risulta anacronistica per una generazione abituata alla personalizzazione estrema.
Un altro fenomeno che segna la distanza dall'epoca di Baudo è quello della tv di sottofondo. Il 91% degli americani dichiara di usare lo smartphone mentre guarda la tv, e lo stesso accade in Italia. Netflix, come si legge su Key4biz, ha dovuto ottimizzare i propri contenuti per la visione di sottofondo, con sceneggiatori che ricevono indicazioni precise affinché i personaggi annuncino le proprie azioni a voce alta, così che il pubblico possa seguire la trama anche senza guardare lo schermo. Questa trasformazione rappresenta l'antitesi dell'esperienza televisiva che Pippo Baudo aveva costruito: programmi che richiedevano attenzione totale, che univano la famiglia davanti al televisore, che educavano e intrattenevano con la stessa autorevolezza.
La trasformazione in corso non è una semplice evoluzione tecnologica, ma una rivoluzione antropologica che ha cambiato il nostro modo di relazionarci con i contenuti, con il tempo libero, con la socialità stessa. Se Pippo Baudo rappresentava il massimo esponente dell'intrattenimento nazionalpopolare italiano, oggi assistiamo alla frammentazione di quell'identità collettiva in mille micro-narrazioni individuali. La televisione italiana ha affrontato una fase di evoluzione "diseguale": da un lato l'innovazione tecnologica ha aperto infinite possibilità, dall'altro buona parte degli spettatori è rimasta ancora largamente affezionata ai modelli tradizionali di broadcasting. Ma questo attaccamento nostalgico non può fermare una trasformazione che ha già ridisegnato completamente il panorama mediatico.
La morte di Pippo Baudo arriva in un momento storico in cui la televisione che lui incarnava è già morta, sostituita da un ecosistema mediatico frammentato, personalizzato, sociale ma paradossalmente più solitario. Un'epoca in cui l'attenzione è la moneta più preziosa e più contesa, dove i contenuti devono competere non solo tra loro ma con la miriade di stimoli digitali che ci bombardano quotidianamente. L'era del grande pubblico è finita. Al suo posto è nata l'era delle nicchie, degli algoritmi personalizzati, della fruizione on-demand. Una rivoluzione che ha democratizzato l'accesso ai contenuti ma ha polverizzato quella dimensione collettiva e educativa che maestri come Pippo Baudo avevano saputo costruire. Il prezzo di questa libertà è la perdita di un'identità culturale condivisa, di quei momenti di comunità nazionale che solo la televisione generalista sapeva creare.
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